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Il gelido assenso della Lega alle misure anti-sviluppo

La stretta sui contratti temporanei allarma il Nord est Giorgetti: "C'erano dubbi". E Salvini apre a modifiche

Il gelido assenso della Lega alle misure anti-sviluppo

Il Movimento Cinquestelle batte un colpo e si prende la scena con il Dl Dignità, ma lo fa con un provvedimento orientato a sinistra e dalla visione fortemente statalista. Un affondo che rende più rigido il mercato del lavoro e certo non fa scorrere brividi di piacere nel Nord produttivo, ovvero nelle aree dove la Lega ha fatto il pieno di voti.

«Siamo abituati a rispettare il contratto di governo. I dubbi della Lega c'erano ma sono stati superati e il testo del decreto è stato votato dai ministri della Lega» dice il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti. «Siamo due forze politiche diverse che hanno sottoscritto un contratto, noi rispettiamo i contratti».

L'impressione, insomma, è che la Lega questa volta abbia dovuto ingoiare un boccone amaro nel nome della fedeltà alla nuova alleanza, oltretutto su una materia che è di pertinenza del capo politico dei Cinquestelle, ovvero Luigi Di Maio. Chi cerca di spostare l'attenzione dalla stretta sui contratti a termine al tentativo di porre un freno alla delocalizzazione è Matteo Salvini per il quale «finalmente il nostro governo punirà gli imprenditori furbetti e le multinazionali straniere che prendono per poco aziende italiane, e incassano soldi pubblici, e poi licenziano i nostri operai per assumere all'estero. Dalle parole ai fatti!».

È chiaro, però, che qualche malumore e qualche imbarazzo dentro la Lega c'è. Gianmarco Centinaio fa risuonare uno squillo in direzione esattamente contraria facendo notare che «l'agricoltura ha bisogno dei voucher». E intanto la pressione dal basso degli imprenditori, soprattutto del Nord-Est, inizia a farsi sentire, soprattutto di quella micro e piccola impresa che in questa fase così complicata non sente affatto la necessità di ulteriori ostacoli. Il rischio che alla scadenza dei contratti a termine si decida di mandare a casa piuttosto che assumere è concreto. Senza dimenticare l'impatto su un elettorato come quello leghista dall'identità fondamentalmente liberale.

Il nodo è: cosa accadrà a questo punto in Parlamento? I parlamentari della Lega si attestano su posizioni prudenti. «Se sei in coalizione devi trovare un compromesso» dicono a taccuini chiusi «qualche correttivo in Parlamento si farà», anche se il presidente del Consiglio già si appella alla «coerenza dei parlamentari». E lo stesso Salvini, ieri sera a InOnda, ha aperto a modifiche: «D'accordo in gran parte, il Parlamento arricchirà il dl Dignità»

Nel silenzio degli esponenti del Carroccio si fanno notare le parole di due esponenti di Forza Italia. Giovanni Toti, che da sempre può vantare un rapporto preferenziale con Matteo Salvini, lancia l'allarme: «Attenzione che il sogno di un lavoro fisso non si trasformi per migliaia di persone nell'incubo della disoccupazione. Non giocate con la vita della gente». Marco Marin, parlamentare veneto, fa notare, invece, che «gli elettori non hanno votato centrodestra per rendere più rigido il mercato del lavoro.

Quando tutte le imprese e le confederazioni ti chiedono di fermarti per non fare danni la dignità dovrebbe innanzitutto essere quella di ascoltare».

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