Cronaca locale

«Al teatro No'hma ho capito la passione per l'umanità»

La presidente festeggia i suoi primi 10 anni di attività «La sala di Città studi è un dono di mia sorella Teresa»

Luca Pavanel

Livia Pomodoro e i «suoi» primi dieci anni come presidente del No'hma, il teatro di via Orcagna - zona città Studi a Milano - fondato dalla sorella Teresa, scomparsa nel 2008. Stasera, per l'occasione, ci sarà una grande festa dalle ore 21. Musica, danze dai diversi paesi del mondo con Rob Carrieri and The Nattyroots; Naima Trio, Bakh Yaye Diamm e il Gruppo Capoeira Oxossi.

Momenti per gioire, divertirsi e di riflessione. Anche e soprattutto per la Pomodoro, nota giurista italiana ed ex presidente del tribunale di Milano, ora anche al vertice dell'Accademia di Brera. Una bella storia di cultura e impegno, con risultati degni di nota anche in termini di numeri: settecento alzate di sipario, trecentocinquanta spettacoli provenienti dall'Italia e dal resto del mondo, in tutto mezzo milione di spettatori.

Presidente Livia Pomodoro: lei e il No'hma, un primo bilancio personale.

«Nello stesso anno in cui è mancata mia sorella, io ho riaperto subito il teatro, a novembre, con la stagione. Abbiamo dedicato quella programmazione alle guerre dimenticate; la guerra del Niger e la guerra delle banane. Abbiamo fatto uno spettacolo sul Messico, la guerra della droga e il narcotraffico. E ancora, temi come i conflitti sul corpo delle donne, Srebrenica».

Che cosa le hanno lasciato dieci anni di questa esperienza a livello umano?

«Questa esperienza per me è stata un arricchimento straordinario. E io devo questo dono meraviglioso appunto a mia sorella. Ho capito che cosa significa la passione per il teatro, ma soprattutto, la passione per l'umanità».

Quali i momenti più emozionanti da ricordare?

«Sono momenti soprattutto legati all'esperienza del Premio internazionale il Teatro Nudo di Teresa Pomodoro, ovvero il teatro dell'inclusione, con il coinvolgimento di tutti i teatri del mondo. Abbiamo fatto delle grandi esperienze e collaborazioni, dalla Lituania al Giappone, ci hanno dato emozioni grandissime. Gli Inuit nella scorsa stagione dalla Groenlandia e gli indiani pellerossa».

Come vede il teatro di oggi per quanto riguarda «l'indipendenza» e la «libertà di espressione», battaglie di sua sorella e poi sue?

«Il mio è un teatro che intanto non fa pagare il biglietto per entrare, un teatro libero e indipendente. Credo che noi abbiamo in questo momento anche l'esigenza di essere presenti in un Paese che ha bisogno di nuovi stimoli, nuove realtà e di sperimentare».

C'è bisogno di sperimentare: voi che cosa avete fatto in questi anni?

«Abbiamo fatto stagioni bellissime sulla natura, sull'acqua, sulla passione, il fuoco della vita. Nella stagione del prossimo anno ci dedichiamo al tema della relazione tra gli uomini. Convinti come siamo che l'uomo oggi è più solo che mai, si devono trovare ragioni per stare insieme. E queste ragioni però non sono quelle dell'esclusione, ma dell'inclusione».

Vuole consegnare un ricordo, un'immagine personale della fondatrice Teresa Pomodoro...

«Teresa è stata un personaggio geniale, lei è stata attrice, drammaturga, regista. E ha fatto di questo teatro il luogo nel quale si può sperimentare e dimostrare che la cultura e l'arte sono liberi per tutti. Come del resto già diceva il suo maestro Paolo Grassi tanti anni fa. Da questo punto di vista Teresa ha rappresentato un'assoluta novità nel panorama».

Eravate gemelle, che rapporto aveva con lei?

«Con lei ho avuto un rapporto molto bello, il nostro era un rapporto intenso dal punto di vista affettivo, naturalmente pieno di scontri; lei mi prendeva molto in giro».

Si è sempre occupata di giustizia, se invece avesse fatto teatro come Teresa che ruolo avrebbe scelto?

«Per molti anni mi sono considerata un apprendista stregone, adesso sono una teatrante vera. Ora sono pronta ad assumere ogni responsabilità del teatro possibile. Io regista o attrice? No, sono per le attività organizzative. Mi è capitato di recitare, cose piccole anche se ben riuscite.

Ma sono felice quando, stando sotto il palcoscenico, posso parlare col mio pubblico e posso interloquire con gli attori».

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