Economia

Dazi, la Cina vuole "arruolare" la Ue

Pechino propone un comunicato congiunto contro Trump, ma Bruxelles dice di no

Dazi, la Cina vuole "arruolare" la Ue

È il punto di non ritorno, il Rubicone del commercio mondiale, l'alea iacta est che allarga il perimetro di quella che finora è stata una disputa trasformandola in una guerra vera e propria. Alla mezzanotte (ora cinese) di domani, Washington e Pechino cominceranno a fare sul serio. All'entrata in vigore di dazi Usa su 34 miliardi di dollari di importazioni cinesi, il Dragone replicherà con l'introduzione di tariffe equivalenti sul made in Usa. Via le parole, in campo i fatti.

A latere, un'Europa tenuta sotto schiaffo dalla minaccia di Donald Trump di tassare, dopo acciaio e alluminio, anche le automobili del Vecchio continente. Roba da far tremare i polsi a un Paese come la Germania in cui l'export delle quattro ruote pesa significativamente sull'ipertrofico surplus di bilancio. La Cancelliera Angela Merkel è infatti preoccupata: «Dobbiamo fare del nostro meglio per disinnescare questo conflitto in modo che non diventi una vera guerra. Per fare questo occorre però essere in due».

Berlino sembra temere l'impossibilità di negoziare alcunché con l'inquilino della Casa Bianca, che più volte ha rivolto l'indice contro i tedeschi. Accusati di usare l'euro, «un marco mascherato», per portare avanti la pratica della svalutazioni competitive. «Se consideriamo i servizi, compresi i servizi digitali - ha ribattuto ieri Mutti - , la bilancia commerciale è completamente diversa, con un avanzo americano in Europa piuttosto che il contrario». Ognuno ha le proprie ragioni, ma l'Europa rischia di essere il classico vaso di coccio tra vasi di ferro. E proprio su questa debolezza sembra voler far leva Pechino con la proposta di un'alleanza che, secondo Reuters, il vice premier Liu He e il consigliere di stato Wang Yi avrebbero rivolto ai funzionari di Bruxelles in almeno tre incontri. Il Dragone mirava al bersaglio grosso: la ciliegina sulla torta del vertice sino-europeo, che si terrà nella capitale cinese dal 16 al 17 luglio, doveva essere una dichiarazione congiunta - e forte - contro le politiche commerciali del presidente Trump. In cambio, l'ex Impero Celeste era disposto ad aprire il suo mercato alle imprese europee. Una proposta giudicata indecente dall'Unione, e quindi respinta.

Non solo Bruxelles si fida poco delle promesse cinesi, ma è anche riluttante a mettere in gioco le sue rotte commerciali transatlantiche; inoltre, condivide con gli Usa l'idea che Pechino manipoli il commercio per dominare i mercati globali. E proprio come negli Stati Uniti, l'Unione Europea vuole introdurre norme che daranno un giro di vite agli investimenti stranieri.

L'offerta della Cina appare insomma come la mossa di un Paese preoccupato di restare isolato e che teme ripercussioni sulla propria crescita economica. Alcune indiscrezioni non confermate indicano infatti che il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, vorrebbe convincere Trump, durante la sua visita a Washington di fine giugno, a ridurre le tariffe esistenti a un livello concordato su una lista di prodotti. L'idea sarebbe di coinvolgere anche Giappone e Corea del Sud.

È ciò che in gergo si chiama accordo plurilaterale ed è consentito da quella Wto che il tycoon ha più volte criticato.

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