Salute

Perché sbadigliamo? La scienza non lo sa con precisione

Nonostante varie ricerche, gli scienziati non sono ancora riusciti a fornire una spiegazione esaustiva sullo sbadiglio: ecco cosa è stato scoperto fino a oggi

Perché sbadigliamo? La scienza non lo sa con precisione

Lo sbadiglio è un comportamento quotidiano, che si verifica maggiormente tra gli esseri umani ma in grado di coinvolgere anche gli animali. Ancora oggi, però, gli scienziati non riescono a dare una spiegazione sul perché sbadigliamo. Nel corso del tempo si sono susseguite varie ipotesi: si va dalla convinzione di Ippocrate, che pensava che sbadigliando si eliminasse aria cattiva dai polmoni prima del sopraggiungere della febbre, fino ad arrivare a una teoria più recente, che vede nello sbadiglio una funzione di raffreddamento del cervello.

Oggi sappiamo soltanto che si verifica in presenza di stanchezza o di forte stress. Inoltre, è risaputo che lo sbadiglio è fortemente contagioso, in particolare per l'uomo, gli scimpanzé, i bonobo, i lupi e i macachi. Alcune ricerche sugli esseri umani hanno evidenziato come l'empatia giochi un ruolo fondamentale: le persone più attente, infatti, tendono a essere più colpite dall'effetto trasmissibile dello sbadiglio. La visione dell'atto attiva le reti del cervello che sono responsabili dell'empatia e delle abilità sociali. Ricerche in tal senso sono state rivolte a capire se l'effetto riguardasse anche i cani.

Nel 2013, gli scienziati dell'Università di Tokio hanno scoperto che i cani erano più propensi a sbadigliare in risposta a una persona conosciuta. Dunque, è stato appurato che gli amici a quattro zampe possono ripetere l'atto dopo gli esseri umani, tanto che sbadigliare è un comportamento sociale piuttosto che un impulso. Nel 2014, invece, gli psicologi dell'Università del Nebraska hanno preso in considerazione lo sbadiglio contagioso in un rifugio per cani. Si è scoperto che alcuni esemplari mostravano livelli elevati di cortisolo, ovvero l'ormone dello stress, nel ripetere il comportamento visto nell'uomo. I livelli dell'ormone, invece, non aumentavano nei quadrupedi che non mettevano in atto la stessa azione.

Ovviamente, anche la relazione che si innesca tra il proprietario e il proprio animale domestico è ancora da studiare più a fondo.

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