Cronaca locale

Dalla Cina all'Australia: la Scala sulle punte ora fa il giro del mondo

A fine agosto il corpo di ballo sarà a Shanghai poi andrà in Oceania e nel 2019 in Finlandia

Dalla Cina all'Australia: la Scala sulle punte ora fa il giro del mondo

Dal palcoscenico di «casa» ai teatri della Cina e della Finlandia poi, passando per l'Oceania (Brisbane) in due parole: la Scala ambasciatrice nel mondo. Il Piermarini della danza, ma non solo, si prepara a un periodo che a dire intenso è poco. Intanto a Milano da martedì torna in scena la rappresentazione del Don Chisciotte con la coreografia di Rudolf Nereyev (cinque date in tutto fino al 18 luglio - vedi box -). Sequela di spettacoli diretti da David Coleman che preludono a una maxi-trasferta nella terra di Pechino del Corpo di ballo - a Shangai e Tianjin ora si aggiungono Xian e Macao - dal 31 agosto al 23 settembre (15 recite di due titoli, oltre a Don Chisciotte pure Giselle»). Poi, a novembre, per la prima volta «missione» in Australia. E per completare: nel luglio 2019 Coro e Orchestra debutteranno in Finlandia portando al festival di Savonliina la nuova produzione dell'opera I mansadieri di Verdi, con la regia di David Mc Vicar e la direzione di Michele Mariotti, oltre a un concerto con grandi interpreti vocali.

Ieri se ne è parlato durante una conferenza nelle stanze dorate dell'ente lirico, al tavolo il sovrintendente e direttore artistico Alexander Pareira, il direttore generale Maria Di Freda - altrimenti definita «la madre delle tournée» -, e ancora il direttore del Corpo di ballo Frédéric Olivieri con il maestro David Coleman che sarà a capo dell'orchestra. Si dirà: ma quanto si è messa a viaggiare la Scala. La domanda sarebbe fuori dalla realtà. Quelli dell'opera & Co. - dunque i colleghi della sinfonica e della danza - hanno sempre viaggiato. E questa volta Pereira ha voluto ricordarlo a chiare lettere: «Abbiamo un ruolo notevole» fuori dall'Italia e sarebbe bello che le imprese e il mondo politico si accorgessero «quanto importanti sono queste tournée della Scala».

Secondo il sovrintendente sarebbe bello «creare convivenza nei differenti Paesi, un gruppo di imprenditori che seguono», alla ricerca di una sinergia «che potrebbe essere sfruttata meglio di quanto non sia adesso». Clic, una fotografia delle attività oltreconfine.

Basta passare in rassegna l'almanacco. A partire dalla famosa missione in Giappone del 1981, per quanto riguarda i tempi moderni; la prima partenza in assoluto nel 1878 per il centenario del Teatro. A proposito spiega Di Freda: «Da allora i progetti nel mondo sono stati 154, 844 aperture di sipario, 39 i Paesi visitati che diventeranno 41». Le cifre sono molte di più. Nel 2000, in occasione dei Giochi, la Filarmonica andò in Australia. «Nel 2013 - continua - eravamo a Tokio e in quell'occasione abbiamo deciso che nel 2020 organizzeremo un tour in Giappone subito dopo le Olimpiadi». Quanti voli all'estero: «In Germania 19 progetti, in Francia 17 e negli Stati Uniti 7». In campo pure l'Accademia, rappresentata appunto da Olivieri: «Le tournée sono essenziali per il Corpo di ballo. Ci si deve aggregare maggiormente, lavorare in un certo modo, ogni volta che andiamo ci mettiamo in gioco. Avere 23 spettacoli in più - prosegue il direttore - è essenziale per la compagnia, i primi ballerini devono avere l'occasione di ballare Giselle e Don Chisciotte che sono classici del nostro repertorio». In questi anni si è cercato di alzare il numero delle rappresentazioni sulle due punte, ora a quota 60, l'obiettivo è arrivare a 80. «La Scala è sempre in pareggio - aggiunge il sovrintendente -. Anche se un giorno non fosse in pareggio sarebbe comunque necessario. Ora non abbiamo problemi ma è essenziale arrivare a questo numero». Dulcis in fundo sull'impegno scaligero nel mondo, anche guardando a ciò che succede nel resto d'Europa. Un esempio.

Per la presidenza austriaca dell'Ue (commissione semestre, ndr) le orchestre di Vienna andranno in giro per i Paesi, «è un progetto artistico - spiega Pereira - Hanno capito che la loro forza maggiore è quella culturale, non sono sicuro che l'Italia la veda così nel futuro. Quel che vogliamo dire - conclude - è che possiamo fare un team molto più forte, e non è una cosa di soldi». Il nostro patrimonio, Piermarini compreso, dovrebbe essere visto di più come un qualcosa che può creare un'atmosfera positiva nei confronti dell'Italia nel mondo.

Almeno provarci.

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