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"Soldi spariti", un'inchiesta basata sulle fake news

Nella caccia ai fondi della Lega entrano perfino 19,8 milioni spostati alla luce del sole nel 2013

"Soldi spariti", un'inchiesta basata sulle fake news

Milano - Soldi spostati da una banca italiana a una banca italiana, alla luce del sole: e tornati al punto di partenza con altrettanta trasparenza, senza passare per paradisi fiscali o società offshore. Come il percorso dei 19,8 milioni di euro di fondi pubblici movimentati dalla Lega Nord nel marzo 2013 possa diventare una nuova puntata del presunto scandalo sui fondi occulti del Carroccio è uno dei tanti misteri politico-mediatici di questi giorni, dove ondate di fake news - a partire dalla scomparsa di 49 milioni, in realtà mai spariti - alimenta inesauribilmente le prime pagine.

La storia dei 19,8 milioni che la Lega nel 2013 sposta da una banca all'altra è in realtà vecchia di tre anni, essendo stata pubblicata in un'inchiesta dell'Espresso passata sotto silenzio: non perché la Procura di Genova non l'avesse letta, ma perché l'aveva ritenuta penalmente irrilevante. D'altronde i soldi rimangono sempre all'interno dei confini nazionali: è vero che approdano alla filiale milanese della Sparkasse, ma si tratta di una banca che avendo la sede centrale a Bolzano è soggetta alla legge italiana e può essere frugata senza ricorrere a rogatorie.

«I soldi - spiegano negli ambienti del Carroccio - sono stati spostati in quella banca perché era stato prospettato un trattamento più favorevole. Dopodiché le promesse non sono state mantenute e li abbiamo riportati dov'erano prima». E che fine hanno fatto? «Li abbiamo spesi, come il Pd e Forza Italia e tutti gli altri partiti hanno speso i loro finanziamenti, erogati in base al peso elettorale».

Gli avvocati della Lega stanno preparando un dossier che ricostruisce meticolosamente i percorsi in entrata e in uscita dei flussi finanziari, da sottoporre appena possibile alla Procura di Genova che - dopo la condanna dell'ex leader Umberto Bossi e dell'ex tesoriere Francesco Belsito - guida la caccia ai conti da sequestrare. Il procuratore capo Francesco Cozzi si è visto recapitare l'articolo dell'Espresso da un altro condannato dello stesso processo, l'ex revisore dei conti Stefano Aldovisi: ma anche stavolta ha reagito con cautela, aprendo un fascicolo esplorativo ma spiegando che potrebbe trattarsi di movimenti assolutamente regolari.

E la stessa conclusione potrebbe venire raggiunta analizzando le decine di conti correnti aperti in tutta Italia dalle articolazioni territoriali del Carroccio, in particolare dalla tredici «nazioni» che corrispondono ad altrettante regioni (tranne che per le province di Trento e Bolzano, costituite ciascuna in una Nazione autonoma). Peccato che proprio su questo terreno una sentenza della Cassazione, emessa in contemporanea con quella che autorizzava la caccia ai fondi «ovunque essi si trovino», abbia stabilito che i fondi locali appartengono alle «nazioni» leghiste e quindi non possono essere confiscati. A fare ricorso era stata la Lega Nord Toscana, colpita anch'essa dai sequestri, che si è vista dare ragione. «Risulta chiaro che le nazioni possiedono certamente una soggettività giuridica distinta ed autonoma rispetto alla confederazione», ha scritto la Cassazione, spiegando che non stata fornita alcuna prova che alle realtà locali approdassero quote del finanziamento centrale.

Il 18 luglio il tribunale del Riesame di Genova dovrà pronunciarsi nuovamente.

Se si allineasse alla decisione della Cassazione, anche per i fondi delle altre dodici «nazioni» si aprirebbe la strada del dissequestro.

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