Sport

Ascari, il mio campione di gentilezza

«Fuoriclasse e iridato F1, ricordo il giorno che si preoccupò per me...»

di Enrico Benzing

Piace ricordarlo così, Alberto Ascari, nel centenario dalla nascita: uomo semplice e modesto, di cui sono note le grandi conquiste nel mondiale di Formula 1, la vittoria nella Mille Miglia e tutti i gran premi che gli appassionati conoscono a memoria. Anche perché, sotto questo profilo, diviene immediato il confronto abissale con i campioni odierni e la sportività vera, come figlio di Antonio, stella memorabile dell'Alfa Romeo degli anni d'oro. Si pensi che una sera, a Reims, sera perché il Gp di Francia si correva tradizionalmente a tarda ora, pur nella piena luce di luglio, venne in sala-stampa con l'inseparabile amico Villoresi, nel dopo-gara, a cercarmi, giovanissimo cronista di motori. Sorridente e gioviale come sempre, esprimendosi nel dialetto milanese, diceva di essere preoccupato, per non avermi visto ai box, come al solito, a fargli domande, dopo la bandiera a scacchi. Ve lo immaginate un campione d'oggi che compie un simile gesto? Sì, la tarda ora, con i giornali che chiudevano la prima edizione prestissimo, era facilmente spiegabile. Tutto il resto, invece, era nell'intimo di un campione di tanta generosità e comprensione. Un grande uomo di sport.

Nel 1952, quando divenne campione del mondo per la prima volta, accolse con entusiasmo l'invito di Enzo Ferrari a cimentarsi da esordiente nella 500 Miglia di Indianapolis. E diceva: visto che i grandi campioni americani non vengono in Formula 1, cominciamo noi ad andare in America. Sapendo benissimo che era una prova ostica, velocissima, su quattro curvoni, con macchine molto speciali, perfino leggermente disassate. La Special di quattro litri e mezzo V-12 allestita dalla Ferrari era ottima come motore, ma non adattata come telaio. Alberto, nell'anno del suo primo titolo mondiale, ha dovuto sottoporsi a un esame preliminare, come tutti i principianti. Non si sentiva offeso? Macché, bisogna capire: i primi giri a bassa velocità media, poi, via via, da 95 a 185 miglia orarie, le più vertiginose. I mitici quattro giri lanciati, tutti con lo stesso tempo. Un record. E il capo dei commissari, Milton, disse: «Non abbiamo faticato a promuoverlo: è un grande pilota. Tutti gli vogliamo bene». Per un malaugurato inconveniente (ruota posteriore) dovette abbandonare dal sesto posto, già molto avanzato. Meritandosi una enorme stima e simpatia, senza intaccare il suo gioviale sorriso.

Questo era Alberto Ascari.

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