Economia

Condotte, Attestor ci riprova: a rischio 5mila posti di lavoro

Solo due giorni per valutare l'offerta. Entro mercoledì o si procede con il concordato o scatta l'insolvenza

Condotte, Attestor ci riprova: a rischio 5mila posti di lavoro

Condotte non andrà in amministrazione straordinaria. Una proposta vincolante dell'ultima ora, da parte del fondo di private equity britannico Attestor, ha congelato la richiesta deliberata giovedì sera dalla stessa azienda. Ieri mattina si è concretizzato un nuovo colpo di scena per il terzo gruppo italiano di costruzioni quando Attestor, che si era già fatto avanti ma mai con una proposta definitiva, ha presentato una offerta vincolante.

Ora i vertici di Condotte (il consiglio di sorveglianza è presieduto da Franco Bassanini), insieme all'advisor Rothschild e ai legali di Dla Piper, hanno due giorni di tempo per valutare l'offerta che, secondo fonti vicine al dossier, è migliorativa rispetto alle bozze dei giorni scorsi che prevedevano 50 milioni subito e altri 150 milioni all'omologa del concordato, nonché la creazione di una badcompany e di una newco. I tempi sono strettissimi: se entro lunedì la proposta non sarà accettata con delibera formale del consiglio, Condotte martedì presenterà ufficialmente la dichiarazione di insolvenza al tribunale e la richiesta di commissariamento al Mise. Mercoledì 18 scade, infatti, il termine inderogabile fissato dal tribunale per la presentazione del piano concordatario o dell'insolvenza. A restare con il fiato sospeso ancora per 48 ore saranno gli oltre 5mila dipendenti del gruppo che, da gennaio, temono per il destino della propria azienda. Proprio a inizio anno, infatti, i vertici hanno presentato al Tribunale di Roma la richiesta di concordato in bianco per far fronte al corposo portafoglio ordini (circa sei miliardi) e alla difficoltà di incasso dei crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione. Una mossa con la quale l'azienda ha bloccato le azioni esecutive e le istanze di fallimento dei creditori: le banche, verso le quali è esposta per 767 milioni (le maggiori creditrici sono Unicredit, Intesa, Banco Bpm , Mps e Banca Ifis) e i fornitori, ai quali deve oltre un miliardo. Da allora, sono mancate le soluzioni e i piani di rilancio e il gruppo è stato investito dallo scandalo giudiziario per corruzione che ha portato all'arresto del presidente del consiglio di gestione Duccio Astaldi.

Oltre ai dipendenti, in gioco ci sono decine di infrastrutture strategiche per il Paese e i sindacati si augurano che questa «proposta sia davvero migliorativa». Si tratta infatti del futuro di migliaia di famiglie e di cantieri di opere importanti per la collettività lasciati a metà. «Non permetteremo - dicono i sindacati- all'azienda di lasciare a casa i suoi dipendenti, un rischio che l'eventuale finanziamento da parte del fondo non elimina completamente». Tra le opere a rischio figurano la prosecuzione di lavori strategici come il nodo dell'alta velocità di Firenze (800 milioni), la Città della Salute a Sesto San Giovanni (900 milioni) e il nuovo Policlinico di Caserta (121 milioni).

Ma anche le opere in consorzio come l'alta velocità Brescia-Verona e quella Verona-Vicenza.

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