Cronaca locale

L'ex primario del Pini patteggia la pena: potrà tornare al lavoro

Calori concorda coi pm due anni e 10 mesi. Interdetto dalla professione per otto mesi

L'ex primario del Pini patteggia la pena: potrà tornare al lavoro

Patteggia una pena di due anni e dieci mesi di carcere, a tre mesi dall'esplosione dello scandalo tangenti che lo ha coinvolto, e si avvia a chiudere i conti con la giustizia. È la mossa dell'ormai ex primario dell'istituto ortopedico Pini-Cto Giorgio Maria Calori, il più blasonato tra i medici arrestati lo scorso 10 aprile. Il patteggiamento è stato sottoscritto ieri, come riferiscono fonti legali. Calori è accusato di corruzione.

I difensori di Calori, che era al Pini dal 1987 e dopo essere finito ai domiciliari era stato sospeso dall'incarico di primario di Chirurgia ortopedica riparativa, hanno concordato la pena con la Procura. La proposta è stata ratificata dal gip Carlo Ottone De Marchi. Oltre al patteggiamento sono previsti un risarcimento di Calori al suo ex ospedale di 60mila euro, di 10mila euro alla Regione Lombardia e la restituzione del profitto del presunto reato per una somma di quasi 300mila euro. Il gip ha inoltre dichiarato l'estinzione del rapporto di lavoro del medico con il Pini, in quanto la pena supera i due anni di reclusione, e gli ha inflitto l'interdizione dall'esercizio della professione per otto mesi. Dopo questo periodo Calori potrà tornare a lavorare in un altro ospedale.

La richiesta di patteggiamento, concordata appunto con i procuratori aggiunti Eugenio Fusco e Letizia Mannella titolari dell'inchiesta, è stata avanzata in fase di indagini preliminari. Per gli altri indagati la Procura sarebbe intenzionata a chiedere il giudizio immediato, cioè di andare a processo senza passare per l'udienza preliminare. Le difese potranno a loro volta chiedere il rito abbreviato. Insieme a Calori tre mesi fa furono arrestati un altro primario del Pini, Carmine Cucciniello, il direttore sanitario Paola Navone, due primari dell'Istituto ortopedico Galeazzi, Carlo Romanò e Lorenzo Drago, e l'imprenditore Tommaso Brenicci. Quest'ultimo fu l'unico a finire in carcere e ha poi ottenuto i domiciliari. Anche lui intenderebbe patteggiare. Secondo le accuse, Brenicci come amministratore di società che forniscono apparecchiature mediche ha corrotto medici e dirigenti per assicurasi le commesse di due tra i maggiori poli ortopedici italiani. In questo modo l'imprenditore avrebbe ricavato 874mila euro, mentre Calori avrebbe avuto in cambio consulenze per 260mila euro e altre utilità come quote societarie delle stesse aziende fornitrici. I legali dell'ex primario, ora libero, hanno spiegato che davanti al gip il loro assistito ha ammesso i «fatti oggettivi» descritti negli atti, ma «non ha mai posto in essere azioni contrarie ai doveri d'ufficio». Da parte sua il luminare aveva dichiarato agli inquirenti di aver sempre agito nell'interesse dei pazienti. L'inchiesta aveva portato alla luce, almeno secondo la ricostruzione della Procura, un sistema di corruzione su un doppio binario. I camici bianchi infatti, in qualità di soci insieme al presunto corruttore delle aziende che vendevano i presìdi medici ai loro reparti, caldeggiandoli avevano un doppio tornaconto. «L'accordo corruttivo - scriveva il gip Teresa De Pascale nell'ordinanza di custodia cautelare - non si esaurisce infatti nella partecipazione agli utili d'impresa».

Ma sono emersi anche pagamenti delle società a favore dei luminari «a titolo di consulenze rese» alle medesime «quale ulteriore contropartita per avere favorito l'acquisto» dei prodotti.

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