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Doppia scure sulle stime del nostro Pil: i gialloverdi non possono più spendere

Fmi e Ufficio di Bilancio tagliano la crescita: colpa anche dello spread

Doppia scure sulle stime del nostro Pil: i gialloverdi non possono più spendere

Roma - Sulle velleità di spesa del governo gialloverde si è abbattuta come una scure la revisione al ribasso delle stime di crescita del nostro Paese effettuate dal Fondo monetario internazionale e dall'Ufficio parlamentare di Bilancio, autorità di vigilanza sui conti di provata osservanza comunitaria.

L'Fmi ha tagliato di 0,3 punti percentuali le previsioni del Pil 2018 (dall'1,5 all'1,2%) e di 0,1 punti quelle dell'anno prossimo (da +1,1 a +1%). Le motivazioni suonano come una stroncatura del governo gialloverde in quanto il ricalcolo rispetto alle stime del World Economic Outlook di aprile è dovuto «agli spread più ampi sui titoli di Stato e alle più stringenti condizioni finanziarie in scia alla recente incertezza politica».

Valutazioni analoghe quelle effettuate dall'Upb secondo cui «in linea con l'andamento delle maggiori economie avanzate, anche in Italia la ripresa ha parzialmente perso slancio». Le stime segnalano un rallentamento dell'attività economica, che si potrebbe protrarre nel corso dell'estate determinando un lieve peggioramento delle previsioni di crescita per l'anno in corso e influenzando, in considerazione del minor effetto di trascinamento, anche i risultati del 2019». Di qui il taglio delle stime di crescita: il Pil 2018 dovrebbe attestarsi all'1,3%, e non all'1,4%, mentre quello dell'anno prossimo dovrebbe essere di poco superiore all'1 per cento. Sulle prospettive di breve e medio periodo, «anche per l'Italia incombono i fattori di rischio globali che generano incertezza e orientano le previsioni al ribasso e che dovrebbero farsi sentire sulla domanda interna». Se a questo si aggiungono il confuso quadro politico all'interno dell'Ue e la minaccia dei dazi sull'evoluzione del commercio internazionale, si comprende bene come l'Italia continui a rappresentare una sorta di anello debole.

L'Upb ha inoltre evidenziato che l'economia italiana continua peraltro a essere contrassegnata da un elevato grado di sotto-utilizzo del lavoro (23,1%), che, pur a fronte degli incrementi occupazionali, contribuisce a frenare gli andamenti retributivi (nel primo trimestre, la dinamica salariale, misurata dalle retribuzioni lorde di fatto, è risultata stagnante). Insomma, quasi un lavoratore su quattro viene impiegato a scartamento ridotto e questa dinamica influisce notevolmente sul livello delle retribuzioni e, dunque, sulla capacità di spesa dei dipendenti.

Ecco perché Renato Brunetta di Forza Italia ha rinnovato l'invito al ministro dell'Economia, Giovanni Tria, «a mantenere la barra a dritta sulla finanza pubblica e a non cedere alle richieste di allargare i cordoni della borsa provenienti dal Movimento Cinque Stelle, sfruttando il prestigio del quale egli, a differenza del vicepremier Luigi Di Maio, gode nei confronti dei mercati finanziari».

Anche perché la derivata prima del peggioramento della congiuntura è il decadimento degli indicatori di finanza pubblica che indurrà l'Ue a insistere sulla necessità di una manovra correttiva.

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