Economia

Altro terremoto al Lingotto: se ne va l'italiano Altavilla

Sale la tensione, si dimette il capo area Europa che aveva agito da «ambasciatore» nelle grandi alleanze

Altro terremoto al Lingotto: se ne va l'italiano Altavilla

Che Alfredo Altavilla, manager di punta di Fca, responsabile delle attività del gruppo in Europa, Africa e Medio Oriente, da sempre «delfino» di Sergio Marchionne, prendesse male la decisione di non aver pensato a lui come successore naturale dell'amico ex ad, era di mettere in conto. E così è stato. Altavilla lascia Fca, e le sue deleghe, a capo della regione Emea, vengono prese ad interim da colui che lo ha superato sul filo di lana: il britannico Mike Manley, forte dei successi ottenuti con i marchi americani Jeep e Ram. Il nuovo ad del gruppo si avvarrà del supporto di Altavilla fino al 31 agosto, ultimo giorno di lavoro del manager a Torino.

Pugliese di origine, 55 anni, appassionato harleysta, neroazzurro di fede (in ufficio è in bella mostra la casacca autografata da Xavier Zanetti), Altavilla è da tutti considerato l'«ambasciatore» del gruppo, essendosi sempre occupato di alleanze e dello sviluppo del business. C'era lui, con Marchionne, quella famosa notte al grattacielo Gm di New York, davanti al Plaza, quando l'ad sfiancò il top management di Gm e si fece dare dagli americani 2 miliardi di dollari. In questo modo Gm evitò di accollarsi il destino di Fiat e Marchionne potè iniziare il suo progetto di risanamento. «Quella notte ci siamo ripresi la nostra azienda; è l'operazione che ha dato il via al rilancio di Fiat», ricordava tempo fa Altavilla in un'intervista al Giornale.

Per il presidente John Elkann l'uscita di scena di Altavilla non è un colpo da poco. È anche un segnale di nervosismo e di timori all'interno di un gruppo da 14 anni orchestrato in toto da Marchionne. Forse il manager si attendeva la nomina ad amministratore delegato di Ferrari, altra carica che Marchionne ha dovuto lasciare, società che lo ha visto in passato nel cda, e alla quale è molto affezionato, particolare che si nota ai gran premi ogni qualvolta la «rossa» sale sul podio più alto.

Sta di fatto che Altavilla ieri non si è presentato alla riunione del Gec (Group executive council) guidata da Manley, la prima dopo l'addio forzato di Marchionne.

Il manager pugliese, stimato nell'ambiente per le sue capacità, non dovrebbe avere problemi a trovare un nuovo incarico di prestigio, anche nei settori extra-auto. Mesi fa era entrato nella lista dei possibili nuovi ad di Leonardo e ora, con il fondo Elliott, fa parte del cda di Tim. Le sue conoscenze nell'ambito automobilistico, dei camion (ha guidato in passato Iveco) e nel powertrain, sempre in Fiat, ne accrescono il peso. A lui, come si dice in queste ore, potrebbero guardare grosse Case automobilistiche (Volkswagen, per esempio) e anche la coreana Hyundai, dove il fondo americano Elliot conta parecchio. Ma anche i produttori automobilistici e di camion asiatici che si affacciano sul mercato europeo allo scopo di espandersi.

Alla presentazione del piano industriale di Fca 2018-2022, svoltasi l'1 giugno a Balocco, non era passato inosservato che fra i tre principali esponenti della prima linea segnalati tra i possibili nuovi ad, il responsabile Emea fosse stato l'unico a non prendere la parola. Sia Manley sia il cfo Richard Palmer avevano avuto uno spazio. Tuttavia le sue quotazioni erano sempre rimaste buone. La scelta di Manley potrebbe essere derivata dall'esigenza di cambiare drasticamente pagina e di cambiare strategie, magari in vista di quell'accordo che Marchionne, in questi anni, non è riuscito a portare a termine.

Adesso è senza Altavilla che Manley dovrà affrontare le sfide avute in eredità dalla precedente gestione. La trasformazione del gruppo verso margini superiori, la regionalizzazione di alcuni marchi e la spinta su altri, come Jeep che conosce bene, in un contesto di tensioni commerciali. Il manager dovrà anche accelerare lo sviluppo della guida autonoma e dell'elettrico.

Senza dimenticare la promessa di un ritorno al dividendo.

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