Cronache

La velocità di Milano spiegata da un negozio

Questi avveniristici concept store sono affidati a grandissimi architetti con il compito di armonizzarli sul tessuto stilistico e culturale preesistente

La velocità di Milano spiegata da un negozio

Non sempre filosofi e sociologi riescono, attraverso le loro speculazioni, a interpretare il tempo e prevedere il futuro. Negli anni '80 tutto era postmoderno, dai palazzi alle caffettiere, e invece il terzo millennio ha ritrovato lo spirito e lo stile del modernismo. Negli anni '90 imperversava Marc Auge e la sua teoria dei Non Luoghi. Presto, molto presto, ci saremmo trovati a vivere in un paesaggio come un unico grande centro commerciale, gli stessi negozi di catena in ogni parte del mondo e tutto intorno raccordi autostradali, tangenziali, hub aeroportuali low cost, servizi di navette con cui raggiungere ciò che un tempo si considerava periferia e invece, secondo la teoria del francese, sarebbe diventato il vero cuore pulsante di ipotetiche città tutte uguali.

E l'Italia? Trasformata in un parco a tema. E la vecchia piazza dove giovani e vecchi si trovavano a bere un caffè e chiacchierare? Sostituita dall'outlet e dalle sue merci perennemente in saldo.

E invece no. Auge aveva torto e la sua visione apocalittica clamorosamente superata dagli eventi. Accade a Milano che Apple apra il suo primo Flag Ship in Italia a piazza Liberty, due passi dal Duomo. A non sapere, qualcuno potrebbe sospettare di un'invasione della mela morsicata, come avveniva decenni fa con McDonald's (ma almeno senza odore). Niente affatto, questi avveniristici concept store sono affidati a grandissimi architetti con il compito di armonizzarli sul tessuto stilistico e culturale preesistente: non solo un'attrazione commerciale ma un vero e proprio segno nel paesaggio urbano che verrà visitato con il medesimo spirito con cui ci si reca al Guggenheim Bilbao, al Whitney di New York o a una dimora storica. Cambia la committenza ma resta uguale la modalità percettiva che coinvolge non solo lo sguardo ma tutti i cinque sensi, perché l'architettura si vive, si attraversa.

Per Apple, Norman Foster ha progettato uno spazio pubblico che si armonizza con la piazza Liberty mantenendo forte il legame con la missione sociale del luogo. In gran parte nascosto, ci si deve entrare attraversando illusionisticamente una colonna d'acqua per scoprire la convivenza tra hi-tech e natura. Design del futuro che impatta, in positivo, la tradizione.

Tutto ciò accade a Milano. Milano, Italia. Si stenta a crederlo ma è cosi. Sotto la Madunina si respira un'aria diversa. Europa, mondo. Ed è un miracolo: la metropoli del lavoro, degli affari, della finanza sta compiendo la trasformazione in città turistica del presente, dove non si viene non tanto per ammirare la storia quanto per capire il presente. Milano ha cambiato faccia negli ultimi dieci anni con i suoi edifici avveniristici, disegnando uno Skyline inedito che quando si studierà l'architettura del terzo millennio si partirà da qua, più che da Londra, più che da New York, più che dal Far East.

Milano, Italia è un miracolo. Chi l'amministra, indipendentemente dal colore, fa bene ai cittadini e al Paese. Basterebbe affidare il governo centrale ai milanesi e ripartirebbe tutto.

Ma non succederà, così resterà un'Italia a due velocità: quella di Milano e l'altra.

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