Economia

Luxury Living vuole 200 milioni di ricavi

La presidente Vignatelli: «Resteremo indipendenti». L'idea di Piazza Affari

Paolo Stefanato

Quando, nel 1987, incontrò a una festa Anna Fendi, una delle regine della moda italiana, Alberto Vignatelli era un fornitore Fiat: la sua materia prima era il poliuretano e il suo prodotto finito i sedili per la Uno e la Tipo. Dipendere da un cliente di quelle dimensioni e con quella forza contrattuale era faticoso. Ma quella sera arrivò l'idea: passare al mondo dell'arredamento, e affrontare il mercato con un grande marchio. Nacque così Fendi Casa, e con esso quello che oggi è il Luxury Living Group, che produce arredi di lusso, anzi, di extralusso. Al marchio Fendi negli anni si sono aggiunti altri nomi illustri: Bentley, Bugatti, Ritz Paris, Trussardi, Baccarat.

Altri stilisti, da Armani a Calvin Klein, sono presenti nel mondo della casa, ma il modello di business è diverso: questi trattano l'arredamento con la stessa cultura dell'abbigliamento, cioè fanno produrre da terzisti e mantengono in proprio il rischio industriale. I vari Fendi, Bentley eccetera cedono invece i diritti a Luxury Living, che si assume il rischio di mercato. Luxury Living, per fare un paragone industriale, assomiglia quindi a Luxottica, che fabbrica e vende occhiali su licenza di marchi ai quali paga le royalties. Importante che le licenze siano garantite sul medio-lungo periodo: nel caso dell'azienda di Forlì, i contratti sono prolungati in automatico al raggiungimento dei minimi garantiti. Il rapporto con Fendi dura da 30 anni e vale i due terzi dei 130 milioni fatturati da Luxury Living nel 2017 (+8% la stima per il 2018). Negli ultimi anni il gruppo ha poi lanciato alcune collezioni proprie: Heritage, Luxury living outdoor e Paul Mathieu.

Parliamo dei livelli più alti del lusso, di cataloghi nei quali un tavolo in fibra di carbonio più costare anche 100mila euro. Tutto trova sublimazione nel palazzo del Seicento a Forlì, dove l'azienda ha sede.

Luxury Living si rivolge a una clientela che non soffre mai: «I soldi passano di mano ma non spariscono» osserva Raffaella Vignatelli, presidente e anima industriale dopo la scomparsa del padre, avvenuta nel 2017. Nel 2007-2008, aggiunge «il settore ha perso il 30%, noi abbiamo guadagnato lo 0,5%». Oltre al target, aiuta l'export, che rappresenta il 98% dei ricavi; il primo mercato sono gli Usa (70%). La distribuzione conta su una rete di 500 negozi nel mondo, di cui 10 diretti. La produzione si avvale di qualche centinaio di fornitori, il meglio del fare italiano.

Il gruppo appartiene al 100% alla famiglia Vignatelli (i tre figli di Alberto, Raffaella, Daniele e Alberto, e la seconda moglie Olga). Gli obbiettivi sono ambiziosi: 200 milioni di ricavi entro 5 anni; si studia lo sbarco in Borsa e non si esclude una partnership industriale.

Ma un fatto per Raffaella è certo: «Abbiamo la coda di candidati compratori, ma noi non siamo in vendita».

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