Cultura e Spettacoli

Così Max Stirner difese "L'unico" dalla tirannia dei molti

Il filosofo tedesco torna d'attualità in un mondo dove la politica si basa sempre su gruppi e lobby

Max Stirner visto da Dariush Radpou
Max Stirner visto da Dariush Radpou

A giugno è uscita in libreria, per i tipi di Bompiani, la nuova traduzione italiana di L'Unico e la sua proprietà (Bompiani, pagg. 992, euro 40), il capolavoro dell'anarchico bavarese Max Stirner (1806-1856). Molti considerano Stirner un precursore del nichilismo o (peggio) dell'esistenzialismo. Ma non è esattamente così. E L'Unico è un testo straordinariamente attuale nell'epoca che stiamo attraversando, tutta fondata sulla contrapposizione cruenta tra gruppi, lobby e corporazioni. Una stagione nella quale perfino la più antica democrazia del pianeta, quella nata negli Stati Uniti d'America, si contorce tra gli spasmi di una politica identitaria basata sul microtargeting, cercando di blandire un numero sempre maggiore di fazioni spesso incompatibili tra loro per raggiungere la soglia di una (effimera) maggioranza aritmetica.

Stirner non ha alcuna pretesa ideologica in senso stretto. E non propone soluzioni mirabolanti (che in genere provocano qualche milione di morti). Stirner non fonda partiti e non aderisce a movimenti, né lascia ai posteri una qualche forma di indicazione su progetti politici o sociali da realizzare, come provarono a fare i suoi conoscenti nella cerchia della sinistra hegeliana (da Bauer a Feuerbach, da Ruge a Engels). L'Unico di Stirner che tra l'altro non si definisce mai anarchico è semplicemente un individuo. Banalmente, eroicamente, tragicamente, un individuo.

I diritti vanno molto di moda. E ogni quindici minuti nasce una campagna per denunciare i nostri pregiudizi e le nostre viltà. Ottimo. Però c'è qualcosa che manca. Si parla sempre e soltanto di gruppi. E si tracciano confini, come se ogni categoria fosse un popolo diverso, con la sua identità, i suoi uffici stampa, i suoi centri di reclutamento, i suoi interessi troppo particolari, le sue permalosità ancestrali. Nessuna attenzione, invece, per il semplice individuo. Senza aggettivi qualificativi, senza generi, senza razza.

Il cane sciolto, spesso percepito come un'astrazione, è invece maledettamente reale, perché è proprio intorno a lui che è stata costruita l'architettura dei diritti dell'uomo in Occidente. Una storia, per niente lineare non ancora conclusa, che racconta la fuga dalla schiavitù cominciata dai servi della gleba, dai feudi verso le città, strappando anno dopo anno un centimetro di libertà in più. Solo che tutto questo è inutile se si mette da parte l'uno. Se non si difendono i diritti del singolo, tutto il resto diventa un esercizio retorico. Se salta l'individuo, ogni gruppetto si rifugia nel suo territorio, pensando a difendere non l'uomo, ma uno dei tanti aggettivi che servono a qualificarlo. Se salta l'uno, la prossima volta poi tocca a te. In un mondo dove ci si ammazza per la classe, la razza, lo stato o la religione, l'individuo è un intruso, un clandestino. Eppure senza di lui non c'è nulla.

Oggi l'individuo è sotto attacco. E le ingiustizie esercitate nei suoi confronti stanno rapidamente diventando scontate, normali. L'individuo è sotto attacco quando il 40 per cento dei carcerati sta dietro le sbarre senza un processo o una sentenza definitiva. Quando lo stato si appropria senza particolare destrezza della metà del tuo reddito. Quando le intercettazioni non vengono utilizzate come prove in un processo ma finiscono sui giornali per improvvisare processi di piazza. Quando esistono voti che pesano più di altri, o idee più umane di altre. Quando un welfare grasso e politicamente corretto non si accorge della tua esistenza perché non esiste una lobby dei cani sciolti. Alla fiera delle identità, dove si vendono orgogli e pregiudizi, se non hai una medaglietta non esisti.

Ecco perché bisogna riscoprire Stirner, con tutti i suoi difetti. L'unico è un libro scritto da chi è stanco di ascoltare le chiacchiere cariche di ipocrisia di vecchi reazionari, di giovani rampanti, di professionisti del pensiero progressista. Stirner non ne può più di sentire i filosofi della sinistra hegeliana stabilire cosa sia giusto e cosa sia riprovevole. È stanco della mediocrità che vede in giro. L'unico è un atto di rabbia e ribellione, scritto con una prosa sublime che ogni tanto sconfina nel delirio d'onnipotenza. Si ribella alla religione, ma anche al liberalismo, al comunismo nascente e all'umanesimo socialista di Feuerbach. Si ribella a Dio e a chi ha sostituito Dio con altre categorie universali.

Contro tutto questo, Stirner, rivendica il suo Io. È un pazzo egocentrico? No, perché conosce bene la rabbia del suo delirio. Dice: ho fondato la mia causa sul nulla. Ma le altre cause, quelle metaindividuali, sono fondate sullo stesso nulla, anche se è un nulla che pretende di dire agli altri come devono vivere, di spiegare dove abitano il bene e il male. In un'epoca stuprata dalle orde dell'uomo-massa, insomma, sfogliare le pagine de L'Unico può essere un insospettabile balsamo per l'anima.

In attesa del prossimo attacco contro l'individuo.

Commenti