Controcultura

L'ombra dell'America è in una canzone

Eleonora Barbieri

Jesse Presley si sveglia al novantatreesimo piano della Torre Sud. È solo. La Torre è vuota. E anche nella sua gemella lì di fronte, la Torre Nord, non c'è nessuno. Jesse è il fratello di Elvis, il «cantante più famoso della storia», e «lì» non è Downtown Manhattan: sono le Badlands del South Dakota. L'anno è il 2021, venti dopo l'11 settembre che ha tagliato in due la storia: e in quelle terre desolate, lungo una strada che taglia in due l'America, riappaiono le due Torri.

Nessuno sa che dentro c'è solo Jesse, e che Elvis non è mai nato: di lui, Jesse sente continuamente la voce nella testa. Sa di essere l'ombra, un capriccio della storia. Dopo il camionista Aaron, che se le trova davanti per primo, migliaia di persone arrivano nelle Badlands per vedere le Torri, e sentire quella musica che ne esce, misteriosamente, perché ciascuno sente una canzone differente. Come i fratelli (non di sangue, e neanche di pelle, visto che hanno colori «scandalosamente» - per alcuni - diversi) Parker e Zema, che sono partiti da Los Angeles diretti dalla madre, in Michigan, e che vorrebbero percorrere la leggendaria Route 66. Ma lungo il percorso incontrano la Frattura: il confine che separa gli Stati dell'Unione da quelli della Disunione, dove le loro pelli diverse non sono viste con favore. Shadowbahn di Steve Erickson (Il Saggiatore) è un romanzo in cui la storia si riavvita su se stessa: in cui l'America non è più l'America ma forse, addirittura, non lo è mai stata; in cui le Torri sono state distrutte l'11 settembre 2001, ma forse gli aerei le hanno solo sfiorate, e ciò che si poteva cambiare non è stato cambiato. In cui l'ombra prende il sopravvento sulla realtà.

La Shadowbahn del titolo è una strada di cui «non esiste traccia sulle cartine, una strada segreta... che taglia impunemente il cuore del paese da parte a parte», da Ovest a Est, «come se non esistesse un'America fisica e reale, solo un'America della mente». Shadowbahn non parla di politica: parla di idee, di libertà, di passioni e di musica. Quasi ogni capitolo (sono tutti brevissimi) è il titolo di una canzone, una di quelle che hanno costruito l'America (senza che sia mai citato l'autore: per chi si vuole divertire a cercarli uno per uno...).

Manca ancora, dice Erickson, la canzone americana per il nuovo millennio.

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