Economia

Sull'Ilva è stallo totale ma i soldi stanno finendo

Di Maio forza la mano con Mittal e richiede il parere all'Avvocatura per annullare la gara

Sull'Ilva è stallo totale ma i soldi stanno finendo

Dopo quindici mesi dall'inizio delle trattative il futuro dell'Ilva resta appeso a un filo. Ieri il vertice con i sindacati sull'occupazione convocato al ministero dello Sviluppo Economico si è concluso con l'ennesima fumata nera. E non è nemmeno chiaro quando verrà aggiornato.

«Il piano per i lavoratori dell'Ilva di Arcelor Mittal non basta, l'azienda deve battere un colpo e dare nuovi numeri perché il tavolo si possa riaprire», ha detto ieri il vicepremier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo, Luigi Di Maio, alla fine del summit al Mise con gli acquirenti dell'acciaieria e i sindacati. Annunciando per oggi l'invio della «richiesta di parere in autotutela all'Avvocatura dello Stato per quanto riguarda l'annullamento della gara».

Nel mirino, ci sono le perplessità sollevate dall'Anac (l'autorità Anticorruzione) sulla procedura di affidamento del gruppo siderurgico per Di Maio rappresentano ancora una incognita sull'eventuale annullamento. Il Mise spera di avere una risposta prima di ferragosto.

Ma, come ha precisato lo stesso Di Maio, «se l'Avvocatura risponderà che la gara è irregolare non è detto che in base a queste irregolarità ci siano i presupposti per annullarla». Serve, infatti, che ne venga dimostrata anche l'illegalità e non solo l'irregolarità. Arcelor Mittal, inoltre, potrebbe ricorrere al Tar e ottenere una vittoria. Quanto alle trattative sugli esuberi, «non ha senso che si convochi nuovamente il tavolo se non arrivano nuovi numeri da parte di Arcelor Mittal: non possono assumere 10mila persone e lasciare che degli altri 3-4mila se ne faccia carico lo Stato», ha aggiunto ieri il ministro. Sul tavolo restano posizioni al momento inconciliabili: gli indiani di Mittal propongono 10mila assunti da Ilva in amministrazione straordinaria, mentre i sindacati chiedono che sia innalzato questo numero e che, soprattutto, non ci siano esuberi rispetto ai circa 14.000 addetti totali. Per altri circa 2.000-2.500 lavoratori si prevede l'esodo incentivato volontario.

Per il segretario generale della Fim-Cisl, Marco Bentivogli, «la sostanza è che mentre Di Maio verifica se annullare la gara, fa ripartire la trattativa su condizioni di partenza più arretrate rispetto al governo precedente».

Prima di entrare al vertice, Francesca Re David della Fiom aveva rimarcato che «non è possibile un solo licenziamento» e Rocco Palombella della Uilm aveva reso chiara l'urgenza del problema: «O ci sarà l'accordo al Mise o ci sarà il fallimento: Arcelor Mittal deve sapere che non ci sono scorciatoie».

Il tempo, di certo, stringe: a settembre scadrà la validità del contratto con la cordata degli indiani, AM Investco. Ma soprattutto, hanno già ammonito i tre commissari in una recente audizione al Senato, la cassa sarà vuota e serviranno altri 132 milioni per arrivare a dicembre.

In serata, da ArcelorMittal è poi arrivato un segnale di distensione: in un comunicato il gruppo ha definito l'incontro di ieri «positivo» perchè ha consentito «la ripresa del dialogo con le organizzazioni sindacali e i ministeri interessati».

L'impegno, viene aggiunto, «è di dedicare i prossimi giorni all'approfondimento delle rispettive posizioni, alla verifica di questioni tecniche e legali e alla definizione di successive ipotesi di lavoro in modo da potersi incontrare nuovamente a breve su basi più efficaci».

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