Cultura e Spettacoli

Il Premio Oscar diventa un po' grillino

Nella prossima edizione sarà consegnata per la prima volta una statuetta al "miglior film popolare"

Il Premio Oscar diventa un po' grillino

L'Oscar per alzata di mano ci mancava. In crisi di ascolti e di interesse, la cerimonia degli Oscar cerca un ricostituente e lo annuncia rieleggendo come presidente John Bailey.

Nella prossima edizione, il 24 febbraio, sarà consegnata per la prima volta una statuetta al «miglior film popolare», categoria inedita che scatena un bel po' di polemiche. C'è da capirlo. Premiare un film perché ha fatto tanto successo e ha riempito le sale è, come ha fatto intendere anche Variety, un controsenso. Inventandosi questa nuova categoria, gli Oscar sostanzialmente si autosmentiscono.

Finora c'è stato il premio del mercato (gli incassi) ma anche quello della critica (gli Oscar e i Festival come Cannes, Venezia eccetera). Se il botteghino vale come un critico, si annulla un secolo di Corazzate Potemkin fuggite come la peste dalla massa di spettatori ma esaltate da cinefili talebani, anche loro a questo punto declassati a loggionisti tollerati solo perché in via di estinzione. Per capirci, a questo punto gli Avengers sarebbero in gara con La La Land o, per tornare al nostro passato, Giovannona Coscialunga disonorata con onore se la giocherebbe con Amarcord di Fellini o Ludwig di Luchino Visconti (tutti dello stesso anno) oppure L'allenatore nel pallone con C'era una volta in America di Sergio Leone.

Per carità, l'Academy deve ancora annunciare i dettagli di questa nuova categoria, che probabilmente avrà contorni meno netti e quindi risulterà essere sostanzialmente «solo» un'altra statuetta in più. Però, alla luce di quanto è stato rivelato finora, in sostanza ci sarà un Oscar grillino, individuato non dagli esperti e da chi davvero conosce il cinema. Ma da chi ne usufruisce come spettatore e quindi, manco fosse un referendum online come le parlamentarie del Movimento Cinque Stelle, guardando un film contribuisce a fargli vincere un Oscar.

Obiettivamente, capirete, è una inversione a U rispetto a un secolo di premiazioni cinematografiche, di verdetti tecnici, di grandi delusi e di registi di super nicchia gratificati dal quarto d'ora di popolarità. A proposito, Andy Warhol, uno che si intendeva di gusto popolare ma anche di cinema, probabilmente non sarebbe contento di questa scelta che mescola le carte ma non sembra una giocata vincente.

Dopotutto, anche l'altro colpo di scena annunciato dall'Academy (la cerimonia di consegna durerà solo 3 ore per essere più ligi ai tempi tv) smantella l'impianto tradizionale dei premi cinematografici accettando i codici della tanto disprezzata televisione. Per farla breve, con l'Oscar al film popolare cade l'ultimo baluardo del cinema inteso come talento e competenza.

E la prestigiosa statuetta diventa come il Campidoglio a Virginia Raggi: una scelta di pancia che si rivela un buco (non solo nell'asfalto).

Commenti