Sgarbi quotidiani

Chi ha ucciso le parole?

Chi ha ucciso le parole?

Salvini come Pasolini. Eresia? No. Divennero «Beni artistici e storici» (sic) ed erano «Belle Arti»; divenne «fruizione», ed era «godimento». Erano luoghi, ville, castelli, palazzi: sono diventati «location». Così si è pervertito il linguaggio, fino a imbarbarirlo, disumanizzarlo, burocratizzarlo. Perché gli uomini sono mortificati, intimiditi, asserviti da autovelox, bisognosi di tutors. E pronti a piegare il capo non al potere politico, defunto, ma alla burocrazia, apparentemente neutrale, insidiosa, sfinente. La «patente a punti» come i «crediti» scolastici. Parole morte, senz'anima, legate a visioni materialistiche.

Ora attaccano «padre» e «madre», per farli diventare, in nome della morte e della famigerata uguaglianza di genere, «genitore 1» e «genitore 2». Vigliacchi. Non l'amore materno, ma l'atto sessuale. Mio figlio mi chiama «genitore», considerandomi un cattivo padre. Non padre per scelta, semplicemente genitore. Ha ragione. Ma un ministro-padre, finalmente, non ci sta. Non accetta di essere umiliato nei suoi sentimenti. Di essere chiamato dal figlio: «Genù!». Orrore.

«Sul sito del ministero dell'Interno, sui moduli per la carta d'identità, ci sono genitore 1 e genitore 2. L'ho fatto modificare, ripristinando madre e padre». Pasolini avrebbe fatto lo stesso.

Che non ci facciano chiamare il «mare» «contenitore d'acqua» e il «cielo» «spazio aereo».

Dalla poesia alla prosa il passo è breve.

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