Economia

Cinquant'anni dopo, la preziosa lezione di Zanussi

Zanussi Scomparso nel '68, aveva creato una multinazionale. Che senza di lui si è fermata

Cinquant'anni dopo, la preziosa lezione di Zanussi

Le imprese, come i governi e le cose, sono animate dagli uomini. Quelli capaci di guardare lontano, di interpretare i cambiamenti e di indirizzare le scelte, hanno successo: con loro hanno fortuna i dipendenti, l'area di appartenenza, il Paese, i consumatori.

Esattamente 50 anni fa moriva in un incidente aereo in Spagna Lino Zanussi; aveva solo 48 anni e in poco tempo aveva fatto diventare la sua fabbrica di elettrodomestici prima in Italia e tra le maggiori in Europa. La sua morte, senza una successione programmata, fu un evento disastroso, perché l'azienda di Pordenone dovette procedere senza il proprio leader e senza un percorso pianificato.

Dopo mezzo secolo da quel tragico evento, si può cercare di capire l'ascesa e il declino di una realtà che alcuni anni dopo rischiò il fallimento: la storia insegna. Oggi la proprietà è del gruppo svedese Electrolux e Zanussi è solo uno dei marchi. Ogni decisione viene da Stoccolma, anche se in Italia i dipendenti sono ancora oltre 4mila.

Nell'incidente di San Sebastian persero la vita altri 3 manager del gruppo, in particolare Alfio Di Vora, vicedirettore generale, il vero braccio destro di Zanussi: l'azienda restò decapitata. Zanussi era animato da un forte spirito industriale, che lo portò al successo. Racconta Luigi Campello, numero uno in Italia fino al 2012: «Capì di che prodotti aveva bisogno il mercato, seppe realizzarli con buona dose di innovazione, di design e di convenienza. Seppe usare la comunicazione grazie alla neonata tv, ebbe una visione internazionale».

L'azienda godeva di ottima salute, e la cassa permetteva di crescere anche grazie ad acquisizioni: prima di morire, Lino Zanussi stava trattando l'acquisto della Zoppas e della stessa Electrolux, con la quale i destini poi s'invertirono. La Zanussi fu un grande redistributore di benessere, e ne beneficiarono tutti: proliferò l'indotto; l'immigrazione, di buon livello tecnico, s'integrò bene; la città acquisì orgoglio metropolitano; nacque la provincia autonoma di Pordenone, staccata da Udine.

A Zanussi succedette il direttore finanziario Lamberto Mazza, 42 anni, ex bancario, che ebbe la fiducia della famiglia azionista. Ma la sua cultura era, appunto, finanziaria e non industriale. Portò a termine l'acquisizione della Zoppas attratto, più che dalle fabbriche, dai cospicui finanziamenti che questa riceveva dall'Imi. «Con Zoppas ricorda Campello - il gruppo diventò leader indiscusso in Europa e raggiunse i 28mila dipendenti». L'onda lunga del successo continuò quasi per inerzia, ma dopo il '68 il mercato cominciò a scricchiolare e si fece più competitivo e l'ambiente Italia diventò meno favorevole. Il gruppo rallentò gli investimenti e negli anni della grande inflazione fece utili grazie a Bot e a Cct, non a frigoriferi e lavatrici: mentre gli impianti invecchiavano. Mazza diventò ostaggio dei politici, che gli imposero acquisizioni fantasiose di aziende decotte. Il gruppo si allargò disordinatamente, a debito, scese nelle graduatorie e il core-business del bianco finì per rappresentare solo il 50% del fatturato

La salvezza, dopo una stagione sotto l'egida di Mediobanca, venne dal Nord: nel 1985 Electrolux - auspice la famiglia Agnelli, amica dei Wallemberg - acquistò il gruppo e ci mise mano proprio con quella cultura industriale che era stata tradita. Fu la scelta giusta: comprò un'azienda che perdeva 16 miliardi di lire al mese, e dopo due anni la riportò in utile. La strada degli investimenti stranieri era aperta.

E l'Italia finì per perdere tutta l'industria del bianco, dopo esserne stata la patria indiscussa.

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