Cronache

Sotto le frasi, niente Un premier per finta

Parla senza dire. Il vero errore di Conte? Non stare in silenzio. Stretto fra Di Maio e Salvini fa solo il notaio

Sotto le frasi, niente Un premier per finta

La sciagura di Giuseppe Conte è che ogni tanto parla. È chiaro che sta sbagliando strategia. La forza di un premier inesistente può essere solo il silenzio, l'assenza, vestire il vuoto con il mistero, lasciando trasparire solo il lato oscuro della luna, perché se poi ti avvicini troppo ti accorgi in fretta che quel bagliore è solo il riflesso di un satellite messo lì a occupare una poltrona che non è il caso di lasciare vuota. Conte in questi mesi di governo ha fatto il prestanome. Come può reggere la finzione? In questi giorni balneari ha provato a interpretare il ruolo di notaio, prima incontrando i giornalisti a Palazzo Chigi, poi con un video su Facebook, snocciolando una sorta di lista con le promesse di settembre e il rendiconto di quello che è stato fatto. L'effetto è da amministratore di condominio. Per questo era meglio eclissarsi, proprio come una luna che acquista fascino se si nasconde. Il trucco migliore per provare a fare ombra a Salvini è vestirsi da Enrico Cuccia, sgattaiolando muto davanti alle telecamere che lo inseguono. Certo, anche questa sarebbe stata una finzione, perché il leggendario padrone di Mediobanca contava molto di più di un primo ministro, ma perlomeno il Conte silente avrebbe incarnato un'idea, un personaggio, una controidentità rispetto ai suoi ventriloqui. Una cosa del tipo: Salvini straparla, io faccio i fatti. Salvini resta un leader di partito, io sono la concretezza di governo. Invece ora è palese che il suo lavoro a Palazzo Chigi è prendere appunti. Ce lo ha detto lui, mettendo in piazza il suo quadernone a righe e un paio di selfie con Donald Trump alla Casa Bianca.

La poetica di Giuseppe Conte, ispirata a quanto si racconta da Rocco Casalino, politologo del primo Grande Fratello, è più o meno questa. A settembre il governo comincerà a fare qualcosa di importante, di unico e di grande (in sottofondo la voce di Lucio Dalla in Disperato erotico stomp). Ne sono consapevoli - sottolinea - anche Salvini e Di Maio, «perché gli italiani si aspettano risultati dal governo del cambiamento». Bisogna pensare ai precari e ai poveri. I primi sono stati messi a posto con il Decreto dignità, i secondi (che poi in gran parte sono gli stessi) troveranno pace con la manovra economica d'autunno. Come? Ecco, qui non è che sia proprio tutto chiaro, come si sa non è facile prendere appunti quando parlano in tanti. C'è Di Maio che deve accontentare il movimento grillino, Salvini che fa battaglie quotidiane per dimostrare che i tempi stanno cambiando e il ministro economico Giovanni Tria che deve tenere conto delle preoccupazioni del Quirinale e dei sospetti di Bruxelles. Lo scriba quindi registra la priorità politica del reddito di cittadinanza e di qualcosa che assomiglia alla flat tax, due riforme fondamentali che vanno impostate e da realizzare più o meno alla vigilia delle calende greche. L'importante è essere pronti. Il resto è facile. Ecco la Finanziaria di Conte: «Faremo una manovra seria, rigorosa, ma anche coraggiosa, che non toccherà settori strategici come sanità, scuola e ricerca. Adotteremo tutte le misure necessarie per combattere la povertà assoluta in cui versano 1 milione 778mila famiglie e un totale di oltre cinque milioni di persone. Siamo al lavoro, rimaniamo concentrati su questi obiettivi».

Tutto reale. Conte è questo. Fosse un personaggio da romanzo, qualcosa alla Steinbeck del Breve regno di Pipino IV, il premier inesistente sorprenderebbe i suoi padrini politici rinnegando il ruolo di travicello. Non sarà purtroppo così.

Aspettiamo il prossimo, magari verrà scelto a sorteggio e saremo più fortunati.

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