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L'ingegnere che fa parlare i pianoforti in italiano

Ha cominciato a produrli 40 anni fa, oggi sono acquistati anche dal sultano del Brunei: "Dopo i 30 anni perdono grinta"

L'ingegnere che fa parlare i pianoforti in italiano

Paolo Fazioli, romano, classe 1944, è diplomato in pianoforte, laureato in ingegneria e ha maturato esperienza di manager nell'azienda di mobili di famiglia. Quale poteva essere il suo destino? Incrociando queste esperienze il legno, la musica, la meccanica, l'impresa -, esce un unico risultato: costruttore di pianoforti. Alla fine degli anni Settanta l'idea è prima maturata nella teoria, poi si è concretizzata. Il primo esemplare da concerto fu battezzato nel teatro di Sacile (Pordenone), la città friulana dove ha sede la fabbrica, nel 1981: Fazioli lo ha ricomperato in tempi recenti e oggi lo considera come Paperone considerava la sua «numero uno». Gli si avvicina, lo scopre affettuosamente, indica il numero di serie, e accenna un preludio di Chopin, così, stando in piedi. Poi, quasi sospirando, guarda i tasti: «Erano ancora in avorio. Dal 1988 è proibito usarlo e oggi si utilizza un composto di plastiche e ceramiche. Il bianco resiste di più nel tempo, ma l'avorio aveva un attrito diverso con le dita». Già il primo esemplare era perfettamente riuscito e l'età prossima ai 40 anni lo conferma: «Fu un avvio entusiasmante dice - l'attività partì bene». Ma quanto dura un pianoforte? «Anche un secolo, dipende dall'uso. Ma se viene tenuto sotto sforzo da un professionista dopo trent'anni perde grinta...».

La fabbrica di Sacile è appena stata ingrandita. Allo stabilimento si aggiunge un raffinatissimo auditorium ad acustica modificabile, dove si tiene una stagione concertistica. In quegli 8mila metri quadrati 50 tecnici costruiscono 140 pianoforti all'anno, sei modelli tutti a coda, con lunghezze che vanno dai 156 ai 308 centimetri del gran coda da concerto, più lungo dei concorrenti, che porta, su richiesta, un brevetto Fazioli: il quarto pedale, per dosare meglio i pianissimi. Il ciclo produttivo, tra lavorazioni e stagionature, è di due anni. La costruzione in senso tecnico impegna circa 700 ore. Il modello più venduto è l'F183, la finitura più richiesta è il nero lucido tradizionale. Ma il catalogo prevede anche delle varianti, si può scegliere una laccatura bianca, rossa o blu, la finitura in olivo o in noce, ci si può spingere a strumenti aerodinamici con un'unica gamba centrale, la cui architettura ricorda quella di uno yacht. Poi ci sono gli ordini speciali. Per esempio il gran coda costruito per il sultano del Brunei, che lo volle tempestato di pietre preziose e intarsiato di madreperla. Un cliente orientale chiese il coperchio dipinto con un paesaggio veneziano in stile Canaletto, di recente in Cina è stato consegnato un gran coda ricoperto d'oro zecchino. Ma Fazioli di queste deviazioni un po' carnevalesche non parla volentieri. In effetti il tradizionale pianoforte a coda è quello nero lucido.

Estetica a parte, anche un pianoforte ha una sua evoluzione. Il 10% del bilancio dell'azienda viene investito in ricerca. Così un brevetto Fazioli, oltre a quello del quarto pedale, è la tavola armonica in tre strati di abete, dove quello centrale, perpendicolare agli altri due, rinforza la tenuta: ottima per climi secchi, dove si rischiano fessurazioni. Altri accorgimenti riguardano il sistema per mettere in risonanza per simpatia le vibrazioni di quella porzione di corda che sta dopo il ponticello. Anche il telaio in ghisa, quello che trattiene lo sforzo dell'accordatura e che partecipa al colore del suono dando più potenza, è su disegno Fazioli. Come la meccanica - cioè la parte, molto complessa, che permette alla pressione delle dita di essere trasmessa al martelletto che percuote la corda è sempre più propria: la costruisce la tedesca Renner, fornitrice di molte delle marche più prestigiose, ma lo fa sulle specifiche dettate dal costruttore. Chiediamo: avrebbe senso costruirsi la meccanica in casa? «Non per le nostre dimensioni. Ha senso dai 2-3mila pianoforti all'anno in su. Non lo fa la Steinway, che ne fabbrica di meno, lo fanno i giapponesi di Yamaha, che hanno dieci volte quella produzione». Per inciso, il costruttore di pianoforti più grande del mondo si chiama Pearl River, è cinese, ne sforna 150mila all'anno, verticali e code, per un mercato, la Cina, dove i pianisti sono 50 milioni.

Perchè Fazioli ha deciso quarant'anni fa di dedicarsi alla costruzione di pianoforti? Qual era il suo obbiettivo? L'ingegnere-pianista romano puntando alla qualità più elevata andava a scontrarsi con eccellenze indiscusse, tedesche e americane, che avevano monopolizzato il mercato di altissimo livello. Ma lui, che fin da piccolo amava «confrontare gli strumenti» si era nel tempo convinto che i pianoforti più famosi avevano un suono pesante, molto rotondo, persino un po' vecchio. Si chiedeva, se sarebbe stato possibile ottenere qualcosa di più brillante, caldo e fresco allo stesso tempo, «solare e luminoso come il bel canto italiano. Ecco dice volevo un suono veramente italiano».

Questo obbiettivo è stato raggiunto grazie ai materiali e alle tecniche di costruzione, e la conferma viene dalle testimonianze e dalle preferenze dei grandi pianisti classici e jazz e dagli acquisti di teatri e di società di concerto in tutto il mondo. Molti di loro dicono poi che «un Fazioli si suona da solo», nel senso che la tastiera e la meccanica sono pronte e svelte ad assecondare ogni desiderio dell'interprete permettendogli qualunque sfumatura. Il suono è al tempo stesso brillante, potente e duraturo.

L'azienda è di proprietà al 95% della famiglia Fazioli, per il 5% della finanziaria regionale Friulia; fattura 9 milioni di euro, ha un margine lordo del 25% e le prospettive, nonostate un mercato mondiale non ovunque facile, sono positive. Il 95% della produzione viene esportato e il mercato più promettente è la Cina. Ma un dato in particolare sorprende: l'azienda non ha un euro di debiti, nessuna esposizione finanziaria. «Ho sofferto troppo all'inizio racconta il fondatore quando i bilanci chiudevano in rosso e io mi sentivo dipendente dai direttori di banca. Ora con le banche abbiamo solo rapporti operativi e i direttori non li conosco nemmeno». In azienda è già presente il figlio Luca, 30 anni, laurea in economia, studi di pianoforte, attivo nel marketing.

E' presto invece per Delfina, dieci anni, che ha già comunque una vera passione per la tastiera.

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