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"Con il decreto Dignità dovrò licenziare i dipendenti a termine"

L'imprenditore leader della chimica di base: taglierò 20 posti subito, non sono ottimista

"Con il decreto Dignità dovrò licenziare i dipendenti a termine"

«Non si può rinunciare né all'Ilva né tanto meno alla Tav» è questo il grido di allarme lanciato da Donato Todisco, fondatore dell'omonima società che è leader italiana nella chimica di base.

Sono questi due, insieme con il rischio spread, i maggiori timori dell'imprenditore legati alla posizioni del nuovo governo gialloverde e alle conseguenze di queste sui mercati. «Siamo fornitori dell'Ilva, ma a parte questo la società da sola è fondamentale per il settore della chimica di base italiana e genera un indotto enorme per il Paese» sostiene l'imprenditore per poi aggiungere: «Per quanto riguarda la Tav, l'Italia non può rinunciare a collegamenti moderni con l'Europa. Mi fanno paura talvolta le posizioni assunte da Roma sui questi fronti perché le conseguenze potrebbero essere penalizzanti per l'Italia».

Con tre stabilimenti (Caffaro, Fedeli e Bussi), sei società e diversi depositi costieri situati presso i principali porti italiani (Monopoli, Chioggia, Ravenna, Genova, Ortona, Porto Torres e Savona), il gruppo si avvia a chiudere il 2018 con un una previsione di fatturato di 296 milioni di euro e con una produzione che per il 70% oltrepassa i confini nazionali.

In una recente intervista Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, ha dichiarato che gli imprenditori si sentono «delusi nel merito e amareggiati nel metodo» per il fatto che le aziende, in teoria volano della crescita non sembrano proprio al centro dell'azione dell'esecutivo. Boccia addirittura paventa addirittura una protesta di piazza... Qual è il suo giudizio in merito?

«L'inizio non è stato particolarmente felice dal mio punto di vista. Ma sono giovani e hanno appena iniziato a lavorare. Vedremo tra qualche mese».

Confindustria ha preso apertamente posizione contro il decreto Dignità in quanto aumenterebbe il costo del lavoro, accrescendo al contempo la disoccupazione. Qual è la sua esperienza a riguardo?

«Prima delle vacanze avevo fatto i conti su due aziende del gruppo. Su 27 contratti a tempo determinato le nuove disposizioni normative mi portano a tagliarne 20-22 a scadenza. Ma su oltre 500 impiegati complessivi che fanno capo al gruppo Todisco temo che, una volta allargato l'orizzonte, le conseguenze del decreto Dignità siano ben peggiori e portino a ulteriori tagli. La normativa, tra l'altro, limita a 24 mesi dai precedenti 36 le possibilità di rinnovo e la mancata osservanza fa scattare il contratto a tempo indeterminato. Un rischio troppo grande, per me, da correre».

Ma l'attuale legislazione, una volta abolito l'articolo 18, non garantisce già all'imprenditore la necessaria flessibilità per poter operare sul costo del lavoro?

«Non mi fido. Non dico che in 24 mesi non si possano già verificare le capacità di un lavoratore. Tuttavia, una maggiore flessibilità permetterebbe di affrontare più serenamente l'immediato futuro e le sue incertezze. Nel frattempo, qualora aumentassero volumi, lavoro e aperture di nuovi mercati, il numero dei contratti a tempo indeterminato potrebbe anche aumentare».

Questi vincoli le hanno fatto venire voglia di portare oltre confine le sue attività in tutto o in parte?

«No. Sono dieci anni che investo in Italia e qui continuerò a investire. Peraltro oggi come oggi avviare ex novo uno stabilimento di chimica di base sarebbe quanto meno complesso in Italia e non solo a livello di permessi, autorizzazioni e vincoli ambientali. Todisco ha rilevato e ampliato stabilimenti storici. L'ultimo in ordine di tempo, due anni fa, è stata la Solvay Bussi di Pescara».

Se dovesse fare un appello a Roma cosa chiederebbe?

«Di proseguire nella realizzazione della Tav, di trovare un accordo con ArcelorMittal sull'Ilva e, per quanto mi riguarda, di abbattere il costo dell'energia che in Italia è tra i più elevati d'Europa e può costituire un freno alla crescita».

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