Ponte crollato a Genova

Un colpo al Paese. La nostra economia passa da Genova

Un colpo al Paese. La nostra economia passa da Genova

A Genova, divisa in due dal crollo del ponte Morandi, ora non si gioca solo la sorte eventuale di questa autostrada. Si gioca, in primo luogo, la sorte dell'economia italiana, con la partita infrastrutture per rilanciare il porto di Genova che si estende sino a Savona. Il calcolo costi-benefici qui non si fa considerando costi e ricavi monetari ed extra monetari, si fa in termini di percentuali di Pil che l'Italia perderà o recupererà.

Questo porto è il polmone marittimo con cui respira non solo il triangolo industriale Liguria, Piemonte, Lombardia, ma anche gran parte del Veneto e del resto dell'Italia. Alla Autostrada A10, che con il viadotto Polcevera si distende nel Levante di Genova, si dovrebbe collegare a Ponente, la nuova bretella autostradale della Gronda, per decongestionare il traffico autostradale da e verso Genova e il suo porto che in questi decenni è molto cresciuto. Il progetto della Gronda avversato dai 5 Stelle e dalle giunte di sinistra di Genova è stato sbloccato dal ministro del Rio, poco prima delle elezioni. Il ministro Toninelli lo ha bloccato per sottoporlo a una analisi costi-benefici. Il fatto è che il raddoppio del canale di Suez ha generato nuove grandi opportunità per i porti del mediterraneo, e per Genova in primo luogo. Sinora queste opportunità, in grande parte, non sono state colte perché le infrastrutture complessive sono inadeguate. Ora dopo il crollo, c'è un passo indietro pericoloso.

Anche se la bretella della Gronda viene sbloccata, non sarà pronta se non fra qualche anno. L'Italia deve ricostruire subito il viadotto sul Polcevera, facendolo in ferro. Autostrade per l'Italia dice che è in grado di realizzarlo in 5 mesi, a sue spese. La società concessionaria di A 10 ha il dovere di riparare il disastro, che ha fatto, di cui sono in corso gli accertamenti delle responsabilità. Gli investimenti, nell'era del centrosinistra, hanno avuto un ruolo minoritario e declinante, nelle società autostradali, mentre i loro pedaggi aumentavano. E non si può certo dire che «mancavano i soldi» come si è detto per il bilancio pubblico, dedito erroneamente in via prioritaria a spese di consumo, con una falsa ricetta secondo cui è così che si crea la crescita. Se invece che ricostruire il ponte Morandi in 5 mesi, come è possibile e come è doveroso che sia fatto da parte di Autostrade per l'Italia, con i suoi soldi, e rilanciare gli altri investimenti, ci si disperderà in nuovi contenziosi come quelli che già ci sono per Tav, Tap, Alitalia, Ilva lo spread sul nostro debito pubblico salirà, la nostra Borsa soffrirà.

Non per una cospirazione, ma perché la fiducia nelle capacità dell'Italia di esser un moderno Paese di economia dell'epoca neo-post capitalistica si eroderà. La spesa per le infrastrutture deve esser sostenuta in gran parte dalle imprese concessionarie. Ma la volontà politica è del governo.

Siamo al redde rationem fra la concezione arcaica dei 5 Stelle e quella della Lega alleata in Liguria con Forza Italia, in uno sforzo di modernizzazione, strategico per l'Italia.

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