Economia

Arcelor gioca l'ultima carta per mettere le mani sull'Ilva

Il big franco-indiano studia un rilancio occupazionale Atteso a breve il verdetto dell'Avvocatura sulla gara

Arcelor gioca l'ultima carta per mettere le mani sull'Ilva

In attesa, a ore, del verdetto dell'Avvocatura di Stato sulla validità della gara Ilva, Arcelor Mittal si gioca l'ultima carta per mettere definitivamente le mani sul business dell'acciaio tarantino.

L'obiettivo è quello di sciogliere le resistenze del ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, convincendolo ad avvallare l'operazione. Come? Grazie ad una contro proposta migliorativa sul piano occupazionale. Secondo le ultime indiscrezioni, l'intesa potrebbe essere raggiunta in settimana tramite una nuova «offerta»: l'assunzione immediata di 10.500-10.700 (dei 14.000) dipendenti del gruppo (quindi tra 500 e 700 in più della precedente proposta), con la garanzia che a fine piano (nel 2024) tutti quelli che saranno «rimasti a piedi» saranno reimpiegati dall'azienda. Un passo in avanti verso le richieste fatte dal governo che potrebbe sciogliere ogni indugio permettendo a Di Maio di portare a casa il risultato nei tempi strettissimi che gli restano: il 15 settembre scade la gestione commissariale (già prorogata una volta) e con essa anche la cassa aziendale sarà esaurita.

Intanto, la settimana che si apre oggi, potrebbe essere l'inizio di una serie di incontri informali tra le parti. Incontri ufficiali non saranno in calendario fino a quando non arriverà l'atteso verdetto delll'Avvocatura dello Stato, chiamata da Di Maio a esprimersi sulla procedura della gara per aiutarlo a decidere se annullare o meno l'assegnazione dell'Ilva alla cordata AmInvestco (Arcelor Mittal) definita, dallo stesso Di Maio, «un pasticcio». Ieri la stessa Mittal ha spiegato di non aver ricevuto nessuna comunicazione in merito.

Ma il tempo stringe visto che il 24 agosto scade il procedimento amministrativo avviato dal Mise lo scorso 24 luglio e finalizzato all'eventuale annullamento in autotutela del decreto di aggiudicazione della gara. «Un atto dovuto» dopo il parere espresso dall'Autorità Anticorruzione che, per prima, aveva evidenziato criticità nella procedura di aggiudicazione. Secondo alcune fonti, comunque il parere dell'Avvocatura potrebbe non differire molto da quello dell'Anac. Nel senso che ci sono state delle criticità nella gara di aggiudicazione dell'Ilva, ma non tali da portare a un annullamento: decisione che non deve prendere l'Avvocatura, ma il Governo.

Da rilevare che già a giugno 2017 l'Avvocatura, interpellata dall'ex ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, su uno dei punti ritenuti critici, escluse la possibilità di rilanci nelle offerte economiche per l'Ilva. Calenda pose questa domanda in quanto, dopo l'offerta di acquisto di Mittal per 1,8 miliardi, aveva ricevuto una nuova proposta di Acciaitalia, che aveva rilanciato a 1,85 miliardi rispetto agli 1,2 miliardi iniziali. Ma che le criticità riscontrate nella gara per l'Ilva possano non portare, necessariamente, a una revoca della gara, lo ha prospettato anche il ministro. Questo per quattro motivi: il tempo, ormai ridotto, che resta per rimettere in sesto l'Ilva a cui resta pochissima cassa (a inizio agosto c'erano 24 milioni, ma va considerato che ne brucia 30 milioni al mese); i mesi che servirebbero per lanciare e concludere una nuova gara; l'eventuale contenzioso che si aprirebbe con Arcelor Mittal, che ha sempre dichiarato di essersi attenuto scrupolosamente alla procedura.

E, non ultima, la mancanza di un'alternativa industriale con un nuovo protagonista alla finestra che possa mettere sul piatto gli investimenti necessari al rilancio del polo siderurgico tarantino: i franco indiani hanno promesso oltre 4 miliardi.

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