Cronaca locale

Salvini stoppa il sindaco: "Moschee non urgenti". Però riapre la consulta

Il ministro a Milano frena il piano comunale Ma annuncia un tavolo sui luoghi di culto

Salvini stoppa il sindaco: "Moschee non urgenti". Però riapre la consulta

La moschea per Milano non è una priorità, ma si lavora a una (nuova) Consulta sull'islam. Il ministro dell'Interno Matteo Salvini, a margine della visita all'Opera cardinal Ferrari di via Boeri, affronta anche la delicatissima questione dei luoghi di culto islamici, ormai tornata sotto i riflettori dopo la pubblicazione del Piano delle attrezzature religiose che il Comune ha presentato ai primi di giugno e ora si appresta a portare in Consiglio comunale, dopo le osservazioni e i pareri di rito.

«Non penso che sia una priorità» dice dunque il ministro, prefigurando uno stop nel percorso del Piano comunale, che potrebbe diventare «a ostacoli» nel caso in cui la Regione decidesse un nuovo intervento normativo anche minimo - dopo la nota legge «anti-moschee» - in grado di ridurre ancora i margini per l'edificazione di nuovi luoghi di culto in Lombardia.

Uno stop, quello di Salvini ma privo del tono perentorio che il leader leghista ha sempre usato quando si è trattato di opporre autentiche barricate politiche alla costruzione di moschee. A Milano, nel corso dell'ultima campagna elettorale per le Comunali, nel 2016, una lieve discrepanza di toni si era avvertita fra lui e l'allora candidato sindaco Stefano Parisi. «Mai a Milano» aveva tuonato il leader leghista, mentre il candidato del centrodestra diceva «no» in mancanza di certe condizioni e controlli.

Ora la Lega è tornata ad avere responsabilità di governo e le avvisaglie di una linea più morbida, possibilista, si erano già intraviste pochi giorni fa nell'intervista al «Giornale» con cui il capogruppo comunale e deputato Alessandro Morelli aveva avvertito in pratica che «qualche moschea» si dovrà fare, anche se coi paletti fissati dal governo. I «paletti» dunque. «Noi - ha spiegato ieri Salvini in via Boeri - stiamo lavorando e io lavorerò personalmente per mettere in piedi un organismo - chiamatela Consulta, tavolo a come volete - che si occupi di immigrazione e si occupi anche di nuovi luoghi di culto, che devono rispettare alcune norme, come previsto da Regione Lombardia. Voglio sapere chi paga, chi prega, in che lingua, chi entra, chi esce, se rispetta tutta la normativa nazionale». «Poi - ha concluso il ministro - per me ognuno può credere nel Dio che vuole, però da milanese non sento che avere sei moschee sia una priorità».

E questa dei «paletti», non a caso, è la linea prospettata nel famoso «contratto di governo» sottoscritto dalla Lega con i 5 Stelle, notoriamente ben disposti nei confronti delle comunità islamiche organizzate (almeno, più del centrodestra). Il programma di governo stabilisce infatti alcuni limiti, anche se forse non sono tutti i paletti che il Carroccio avrebbe voluto inserire (non c'è, per esempio, il referendum comunale). Quelli rimasti, il registro degli imam e la tracciabilità dei fondi, sono i paletti già previsti dal «Patto per l'islam» avviato dall'allora ministro Angelino Alfano e poi varato dal predecessore di Salvini, Marco Minniti.

E da un nuovo tavolo ora Salvini riparte.

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