Cronaca locale

No al viso nascosto e mai mortificazione

Un simbolo, un'imposizione, una libera scelta. Si è dibattuto spesso sul significato del velo. Ma parlarne significa innanzitutto soffermarsi sul ruolo della donna e sulla necessità di affermarne l'assoluta centralità nella vita familiare e nel contesto sociale. Appare evidente che non possa essere condivisa la scelta di celare integralmente il proprio volto, innanzitutto per ragioni di pubblica sicurezza. Da qui l'intervento di Regione Lombardia che ha vietato l'accesso a luoghi pubblici a persone che nascondono la propria identità, con l'uso di un velo o di un casco. Ma il tema non si esaurisce in queste poche righe. È chiaro che la scelta, purché consapevole e libera, di coprirsi il capo (senza ovviamente celare il volto) deve essere rispettata, ma non possiamo nascondere il timore che la scelta di utilizzare un velo possa essere espressione di un'imposizione o quantomeno di un modello che tende a porre la figura maschile in una condizione di superiorità, che misura la «purezza» e l'integrità morale di una donna attraverso l'utilizzo di un indumento che, per molti aspetti, rappresenta una forma di auto-esclusione e di emarginazione. Oggi abbiamo tantissime donne di successo nei più svariati settori; l'utilizzo di un velo per coprire semplicemente il capo non avrebbe ovviamente precluso nessuna forma di crescita personale e professionale, ma se provassimo a considerare quell'indumento come una sorta di limitazione delle proprie aspirazioni, cosa cambierebbe? Forse tutto. Ogni donna deve avere la possibilità di inseguire sentirsi realizzata. Ecco, un velo non rappresenta, di per sé, una forma di auto-esclusione, ma troppo spesso diventa il simbolo di una rinuncia, di un'accettazione incondizionata di un ruolo subordinato. Io credo in un modello educativo e culturale che stimoli ogni donna a seguire il proprio percorso, senza condizionamenti che ne possano limitare la legittima aspirazione a sentirsi libera e realizzata. Una delle priorità del mio assessorato è sostenere le mamme che lavorano. Abbiamo investito molto nelle promozione delle pari opportunità, con uno stanziamento di 600 mila euro. E l'iniziativa «Progettare la parità in Lombardia» è stata replicata anche quest'anno.

*Assessore regionale Pari opportunità

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