Cronaca locale

L'Accademia riapre il sipario con l'«Alì Babà» di Cherubini

La prima opera della stagione vedrà in scena una rarità del compositore fiorentino. Dirige la Cavani

Piera Anna Franini

Spetta ai giovani dell'Accademia della Scala riscattare un peccato di vecchiaia di Luigi Cherubini, fiorentino per nascita e formazione, ma di gallica carriera: fu tanto amato e rispettato in quella Parigi che ancora trattiene le sue spoglie. Riccardo Muti è in prima linea nella battaglia per riportare la salma del compositore nella basilica di Santa Croce. Mentre spetta ai ragazzi dell'Accademia riportare sulle scene milanesi (dall'1 al 27 settembre) Alì Babà e i 40 ladroni, l'opera di un Cherubini 73enne, rarità assoluta che la Scala conobbe solo nel 1963. Quest'«elegante sfinge melodrammatica» (Carli Ballola) fu comunque subito archiviata, confermando i precedenti: non ha mai convinto né il pubblico francese né italiano, risultando invece gradita a quello tedesco per via di un uso dell'orchestra che anticiperebbe Wagner.

Da un anno, i ragazzi dell'Accademia stanno facendo un lavoro certosino guidati da una serie di coach, anzitutto dalla regista Liliana Cavani che torna alla Scala dopo aver firmato Manon Lescaut, Un ballo in maschera, La traviata e La vestale. Perché è questo lo spirito delle opere settembrine che la Scala affida ai talenti dell'Accademia: grandi nomi o comunque professionisti di spessore aiutano i giovani a costruire un titolo, il lavoro è profondo e continuo, dura un anno intero. Cavani ha fornito le chiavi di lettura di questo melodramma in quattro atti più prologo che si rifà solo marginalmente alla celebre novella da Mille e una notte. Di fatto, qualche magia ed esotismo lo ritroviamo giusto nella musica di Cherubini che inserì anche strumenti turchi pur di ricavare un colore orientale. I librettisti Mélesville ed Eugène Scribe centrano la vicenda sulle dinamiche innescate dal «vil metallo». È il denaro il motore di una vicenda dove ladroni patentati si avvicendano con ladroni ufficiosi: uno su tutti, Alì Babà. Che in quest'opera non è il taglialegna della fiaba, ma un mercante deciso a fare della figlia Delia la sposa di un capodogana così da godere di un occhio di riguardo, un matrimonio utilissimo considerato che gestisce traffici non sempre improntati al criterio di trasparenza, anzi si parla di vero e proprio contrabbando di caffè. La magia dell'apriti Sesamo è spazzata via dalla grettezza di un mondo di corrotti e corruttori, di traffici illegali, di rapimenti e di richieste di riscatto. Ne esce un mondo dove s idichiara apertamente di preferire il denaro alla gloria.

L'Accademia dispiega tutte le sue forze. Si parte dai cantanti solisti: Alì Babà è affidato a Alexander Roslavets e Paolo Ingrasciotta, Delia a Enkeleda Kamani e Francesca Manzo, Morgiane a Alice Quintavalla e Marika Spadafino, mentre Nadir a Riccardo Della Sciucca e Hun Kim. Sono talenti dell'Accademia quanti compongono il corpo di ballo, coro, orchestra guidati da Paolo Carignani. Anche per la costruzione delle scene - di Leila Fteita - si attinge all'Accademia. Lo spettacolo di Cherubini, come i due precedenti del settembre 2017 e 2016, è il test chiave e talvolta finale di anni di lavoro per questa bottega milanese che conta 1200 allievi provenienti da tutto il mondo. All'Accademia si forgiano gli artisti del futuro, orchestrali, cantanti, scenografi, registi, manager... Qui sono nati cantanti come Anita Rachvelishvili, Nino Machaidze, Carmen Giannattasio, Fabio Capitanucci, Pretty Yende e Aya Wakizono. Ma anche maestri accompagnatori: due fra quelli prescelti da Riccardo Muti per il suo ultimo master a Ravenna provenivano da qui.

Una fucina sulla quale il teatro sta investendo molte risorse.

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