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Theresa May vuole il satellite britannico

Theresa May ha dato ordine di sviluppare un sistema di posizionamento satellitare totalmente britannico, da offrire come alternativa al programma europeo Galileo una volta che la Brexit sarà ufficialmente avvenuta

Theresa May vuole il satellite britannico

Continua il braccio di ferro tra Regno Unito ed Unione Europea sulla questione Brexit. Una contesa che questa volta si sposta sul piano tecnologico assumendo i toni di una vera e propria corsa allo spazio, o forse più di una "Space oddity" per dirla alla David Bowie. Sì perché nella giornata di oggi il Primo Ministro britannico Theresa May ha ufficialmente ordinato che vengano fatti partire i lavori per lo sviluppo di un sistema di navigazione satellitare interamente britannico, da contrapporre al già esistente sistema di posizionamento europeo Galileo. La richiesta della premier arriva dopo che i funzionari della Commissione Europea hanno iniziato a mettere in dubbio il proseguimento del coinvolgimento britannico nel progetto Galileo, motivando l'affermazione col fatto che in un'Europa post Brexit un'eventuale collaborazione di questo tipo sarebbe una minaccia alla loro sicurezza. Precedenti disaccordi erano infatti stati riscontrati sul livello di disponibilità che il Regno Unito avrebbe dovuto avere nell'utilizzo del Public Regulated Service, un particolare segnale di navigazione satellitare solitamente adoperato da agenzie governative e forze armate. Il governo di Londra insisteva sul poter usufruire del suddetto servizio anche dopo l'uscita del paese dall'Ue, in modo da poterlo sfruttare per scopi militari o in caso di emergenza. Nel frattempo, allo scopo di avviare il prima possibile il progetto del nuovo sistema satellitare, il ministro delle Finanze Philipp Hammond ha già firmato una legge per sbloccare un finanziamento di oltre cento milioni di sterline.

Intervistato dal quotidiano inglese Daily Telegraph, l'amministratore delegato dell'Agenzia Spaziale del Regno Unito Graham Turnock, non ha nascosto le proprie preoccupazioni, affermando che: "È improbabile che i funzionari dell'Unione Europea cambino idea ad autorizzino il Regno Unito ad avere accesso a Galileo, specialmente dopo che la Brexit sarà avvenuta. Ci piacerebbe comunque ottenere dei risultati positivi dal programma, ma i segnali che ho potuto vedere non sono di buon auspicio, considerando anche l'atteggiamento deludente tenuto dalla Commissione Europea fino ad oggi". Precedentemente la stessa Unione Europea aveva già bloccato ogni accesso al programma da parte delle industrie del Regno Unito.

Il progetto Galileo è un sistema di posizionamento e navigazione satellitare ad uso civile e commerciale - a differenza dell'omologo americano Gps, di derivazione militare - gestito in maniera congiunta dall'Unione Europea e dall'Agenzia Spaziale Europea. Il programma, avviato ufficialmente il 26 maggio 2003 ed entrato in servizio effettivo il 15 dicembre 2016, prevede entro il 2020 il lancio di trenta satelliti ad un'altitudine di circa 24 chilometri - attualmente ne sono stati lanciati ventidue - con il conseguente sviluppo di un'infrastruttura tecnologica strategica che renderebbe l'Europa finalmente indipendente dal sistema americano. Il costo dell'intera operazione si aggira sui 10 miliardi di euro, dei quali due terzi coperti da imprese ed investitori privati e la restante parte suddivisa tra Esa ed Ue; spesa che secondo proiezioni della Commissione Europea verrà totalmente ripagata dal guadagno che si genererà una volta completato il progetto, oltre 244 miliardi di euro provenienti dal business della navigazione satellitare. Una ricca prospettiva che ha indotto anche altri paesi a concentrarsi sullo sviluppo di queste tecnologie: come la Cina, che mentre procedeva alla creazione del proprio sistema satellitare Baidu ha investito 230 milioni di euro nel progetto europeo; o la Russia, che ha riesumato il vecchio programma di rilevazione satellitare sovietico Glonass.

Un treno sul quale a questo punto ha deciso di salire in solitaria anche il Regno Unito, che malgrado negli scorsi anni abbia contribuito al programma Galileo con oltre 1,2 miliardi di sterline sembra essere intenzionato a fare ulteriori investimenti per un progetto concorrente. Secondo l'agenzia spaziale nazionale infatti, lo sviluppo di un'alternativa britannica ai già esistenti sistemi di navigazione satellitare sarebbe più economico rispetto al continuare la partnership europea per Galileo, dato che la maggior parte della forza lavoro e delle tecnologie utilizzate nel progetto provengono proprio dalla Gran Bretagna. In un'audizione parlamentare nel giugno scorso, il ministro degli Armamenti Guto Bebb ha inoltre affermato che un'ipotetico sistema satellitare britannico verrebbe a costare tra i tre ed i cinque miliardi di sterline, ammettendo tuttavia di come il governo stia valutando la possibilità di operare con l'appoggio di partner internazionali come l'Australia.

In previsione delle problematiche logistiche che sarebbero scaturite da questa nuova disputa sovranazionale, il mese scorso il governo ha inotre inaugurato il primo spazioporto del Regno Unito, situato nella cittadina di Sutherland in Scozia, un luogo scelto per la sua scarsa densità abitativa e per il quasi assente inquinamento atmosferico. La piattaforma, che ospiterà lanci di razzi e di satelliti, è stata progettata anche per poter accogliere i voli commerciali suborbitali, che si prevede possano avere un forte sviluppo nel prossimo futuro.

Commentando la presentazione, il ministro del Commercio e dell'Industria Greg Clark ha dichiarato che questo rappresenta l'inizio di una nuova era spaziale britannica, che nel prossimo decennio contribuirà all'economia del paese con oltre 4 miliardi di sterline.

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