Sgarbi quotidiani

Un Guercino a Cape Town

Tutto avrei immaginato meno che la mia partenza per l'Africa fosse un avvicinamento, piuttosto che una fuga

Un Guercino a Cape Town

Tutto avrei immaginato meno che la mia partenza per l'Africa fosse un avvicinamento, piuttosto che una fuga. Arrivato alla fine del mondo, al Capo di Buona Speranza, davanti al paradigma più alto del sublime naturale, tra la potenza della montagna, estremo baluardo, e l'infinito del mare, mi accorgo che la crisi di Sutri, che ho lasciato alle spalle, da questa distanza si risolve meglio. Anzi, si dissolve.

Vi è dunque un punto di cucitura tra Sutri e Cape of Good Hope, un nome rassicurante, gravido di futuro. E già immagino gemellaggi, imprevisti incontri di cose e luoghi lontani. Parigi è a 9.294 chilometri, Sydney a 11.642, New York a 12.541. La distanza da Roma non è segnalata. Forse perché, tra i meravigliosi paesaggi, la luce, il vasto golfo che dall'alto ricorda Posillipo, sembra proprio di essere in Italia. Alfonso Tagliaferri, il Console italiano a Cape Town, ha avuto un'idea che mi sembrava stravagante nella descrizione dell'ambasciatore, Pietro Donnici, ma assolutamente naturale quando mi sono trovato davanti a una Madonna con il bambino, la più bella e la più tenera, di Guercino. Non scoperta in un remoto deposito, come avevo inteso, ma arrivata dal museo di Cento, vicino a Ferrara. E perfettamente ambientata in una sala del museo Zeitz Mocaa, di fronte a un video dell'artista zimbabweano Kudzanai Chiurai, che mette in scena una Pietà al femminile. Un dialogo tra la vita e la morte, nella dimensione senza tempo in cui l'arte ci conduce.

Nel bellissimo museo, volti, luci, ambienti, musiche, ci trasferiscono in un impossibile Amarcord. Non il nostro, quello del più grande artista sudafricano, William Kentridge, con una danza irresistibile di disegni animati.

Così, semplicemente, a Cape Town, Guercino e Kentridge.

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