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La sponda di Berlusconi al disagio delle imprese deluse dal Carroccio

Fi rilancia il dialogo col mondo produttivo. Tajani: "Andrei in piazza al loro fianco"

La sponda di Berlusconi al disagio delle imprese deluse dal Carroccio

Il reiterato e disperato allarme lanciato in ogni occasione dagli esponenti di Confindustria, e in particolare dalla Confindustria lombarda e veneta ovvero le regioni che fanno da locomotiva all'Italia. I malumori di Confapi, Confartigianato e Confagricoltura. La difficoltà degli industriali - grandi e piccoli - di trovare ascolto presso il governo.

Se il rapporto tra i rappresentanti del mondo produttivo e l'esecutivo pentaleghista è sempre più travagliato, Forza Italia prova a recuperare spazio politico ripartendo proprio dai rappresentanti del mondo produttivo. Silvio Berlusconi vuole rilanciare il dialogo con un mondo che sente profondamente suo e far capire che chi è in grado di mettere in campo le giuste ricette per la crescita è sempre Forza Italia. Non a caso le parole d'ordine che risuonano più spesso nelle dichiarazioni degli azzurri in queste settimane sono responsabilità e sviluppo, con riferimento al pericolo di una fiammata dello spread di fronte alla spesa pubblica in libertà e alla necessità di mettere in campo politiche che favoriscano chi produce invece di penalizzarlo.

Antonio Tajani più volte ha lanciato l'allarme occupazione paventando la possibile perdita di 130mila posti di lavoro in dieci anni. «Si tratta di un disegno scellerato e anti-industriale», la convinzione espressa in più occasioni. A Fiuggi il 21, 22 e 23 settembre, per la sua annuale convention, il vicepresidente di Forza Italia ospiterà il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, il presidente nazionale di Confapi Maurizio Casasco, il presidente di Confartigianato Giorgio Merletti, il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti e il segretario Cisl, Annamaria Furlan. Tajani - forte anche dei suoi cinque anni come commissario europeo all'industria - si schiera: «Credo che al governo si siano messi a fare lo sceriffo di Nottingham e gli imprenditori sono così disperati da minacciare una serrata: io andrei in piazza con loro e i loro operai».

È chiaro che il malumore degli imprenditori è una ferita aperta nel tessuto apparentemente invulnerabile dell'esecutivo, tanto più che arriva dal profondo Nord, dai «territoriali» più che dai vertici e lo stesso governatore veneto Luca Zaia è stato costretto a farsi sentire. Due giorni fa Marco Bonometti, presidente di Confindustria Lombardia ha fatto presente che «sembra che l'impresa sia il nemico da combattere, se muore, muore il Paese». E il vicepresidente dell'associazione degli imprenditori, Giulio Pedrollo, è tornato a ipotizzare la protesta. «In Confindustria sono arrivate parecchie telefonate di colleghi che chiedono di scendere in piazza, subito. Se non si fermeranno gli attacchi la piazza diventerà un'opzione concreta». La replica di Matteo Salvini non appare conciliante. «Confindustria sta in piedi perché la maggioranza delle quote viene pagata da aziende pubbliche. A uno cattivo e io non lo sono potrebbe venir voglia di dire a quelle aziende pubbliche di uscire da Confindustria». Forza Italia, però, con il deputato veneto Marco Marin punta il dito anche contro la Lega. «Quando Di Maio varò il Dl Dignità, ascoltando tra le altre la voce di Unindustria Veneto, chiedemmo alla Lega come facesse a votarlo. Ora le imprese si aspettano un taglio del cuneo fiscale, ma qui si va piuttosto verso il reddito di cittadinanza e il clientelismo di Stato.

E il conto di quello che è sempre più un governo del fallimento piuttosto che del cambiamento rischiano purtroppo di pagarlo gli italiani».

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