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La strategia leghista: il caso andrà in Europa. Salvini: "L'ira dei giusti"

Il leader: «Italiani con noi». Pronti i ricorsi Cambio del nome, tutto rinviato al congresso

La strategia leghista: il caso andrà in Europa. Salvini: "L'ira dei giusti"

Mantenere la calma e non forzare i toni. Nel giorno in cui il Riesame accoglie il ricorso della Procura di Genova, dando il via libera al sequestro dei fondi al fine di recuperare i famosi 49 milioni di euro di rimborsi elettorali, la Lega evita la protesta di massa da parte dei suoi parlamentari.

È Matteo Salvini - che ieri ha disertato il Consiglio dei ministri sul ddl anticorruzione - a prendere la parola oscillando tra il lapidario e il minaccioso. «Temete l'ira dei giusti», scrive sui social. «Io non mollo, lavoro per la sicurezza degli italiani e mi indagano per sequestro di persona (30 anni di carcere), lavoro per cambiare l'Italia e l'Europa e mi bloccano tutti i conti correnti, per presunti errori di dieci anni fa. Non mollo, lavoro ancora più duro. Sorridente e incazzato», aggiunge il titolare del Viminale.

Al momento i fondi sequestrati ammontano a circa 3 milioni e ora nelle casse del partito ci sono poco più di 5 milioni. Alcuni giorni fa a lanciare l'allarme era stato il sottosegretario Giancarlo Giorgetti che, paventando la conferma del sequestro, aveva avvertito: «Saremo costretti a chiudere». Ma Salvini tira dritto, «se ci vogliono togliere tutto lo facciano, abbiamo gli italiani con noi» scandisce, forte anche del sostegno di tutto il centrodestra (l'azzurra Deborah Bergamini chiede un decreto salva-Lega) e delle rassicurazioni che arrivano sia dal premier in persona che dal vicepremier M5s: «Nessuna ricaduta sul governo», affermano sia Giuseppe Conte che Luigi Di Maio. Anzi, il presidente del Consiglio riconosce che in queste condizioni «per un partito politico diventa difficile svolgere la sua attività».

Al di là delle dichiarazioni pubbliche i leghisti davano la sentenza ampiamente per scontata. Ora si apprestano a un nuovo ricorso in Cassazione, ma soprattutto puntano sulla Corte europea di Giustizia dove sono convinti che gli verrà data ampiamente ragione. «Diamo tempo al tempo, un sequestro di questo tipo non può reggere, è evidente che noi siamo parte lesa», dicono fonti parlamentari. «E in Europa una impostazione del genere verrà polverizzata».

È chiaro che a questo punto rimane in piedi l'ipotesi di sottolineare, magari con un congresso, come la «Lega per Salvini premier» - il cui statuto è stato depositato presso la Commissione di garanzia degli Statuti del Parlamento il 15 novembre 2017 e di cui Matteo Salvini è segretario - sia un altro partito rispetto alla Lega Nord per l'Indipendenza della Padania. «Se la Lega cambierà nome ne parleremo al prossimo Consiglio federale, ma questa sentenza politica non ci fermerà, andremo avanti» dice Paolo Grimoldi. «Nell'arco temporale nel quale si citano i 49 milioni, il Partito democratico ne ha presi 186 di milioni. Se il Pd avesse speso anche un solo euro in maniera non lecita, allora dovrebbe restituire questi 186 milioni?». E il governatore lombardo Attilio Fontana fa notare che «la sentenza è davvero un tentativo di processare la storia, imputando oggi al nostro partito responsabilità di altri». Sui social, peraltro, elettori leghisti (e non solo) già promuovono una raccolta pubblica di donazioni a favore della Lega per ripianare la richiesta della Procura, raccolta però che sarebbe teoricamente a rischio sequestro. Interviene anche Roberto Maroni: «La Lega è immortale, forza Matteo Salvini, siamo tutti con te».

Elettoralmente c'è chi ritiene che questa vicenda potrebbe ulteriormente rafforzare Salvini. Un dato ha colpito i dirigenti: nell'ultimo sondaggio Swg i consensi divisi per macro-aree la danno al 39,4% al Nord (+2 sul 30 luglio), al 32,2% al Centro (+2,6) e al 19,9% al Sud (+1,1).

In sostanza la prova che il carattere «nazionale» del partito sta diventando sempre più marcato.

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