Economia

Piazza Affari chiude in rialzo e lo spread scende sotto 235

Sull'incremento del 2,3% ha inciso la posizione di Tria intenzionato a mettere in regola i conti

Piazza Affari chiude in rialzo e lo spread scende sotto 235

Da quel ramo del lago di Como, sponda Cernobbio, arriva aria balsamica per la Borsa e lo spread. Un week-end percorso in retromarcia dal governo rispetto ai toni rodomonteschi contro l'Unione europea e i vincoli di bilancio ha attenuato la diffidenza degli investitori verso il made in Italy. Plasticamente rappresentata dal rialzo del 2,30% con cui ieri Piazza Affari ha chiuso la seduta e dal raffreddamento ai minimi da un mese del differenziale tra Btp e Bund tedesco a 234 punti, 15 in meno rispetto a venerdì scorso.

Dal Forum Ambrosetti, del resto, sono arrivate le parole che i mercati volevano sentire. Soprattutto dal ministro dell'Economia, Giovanni Tria, intenzionato a mantenere dritta la barra dei conti senza sforare il parametro tra disavanzo e Pil pur di accelerare il percorso delle riforme legate a reddito di cittadinanza, flat tax e riforma delle pensioni. Anche per una semplice questione di buonsenso: è «inutile cercare 2-3 miliardi di deficit - ha detto - se ne perdiamo 3 o 4 dal lato dei tassi di interesse». Chiaro il riferimento all'andamento delle aste più recenti del Tesoro dove, complici le fiammate fino a quota 300 dello spread, i rendimenti sui titoli decennali viaggiavano oltre il 3%. Con un aggravio non risibile per le casse pubbliche (due miliardi di euro per il 2018, in base alle stime dell'ex commissario alla spending review, Carlo Cottarelli) che si spera si possa alleggerire già domani, quando saranno collocati Bot a 12 mesi per un controvalore di 6 miliardi, e nell'emissione prevista per giovedì di carta a medio-lungo termine. La strada per rimettere la situazione in bolla è ancora lunga: basti pensare ai 190 punti di distanza tra i bond del Portogallo e quelli della Germania. Su un rasserenamento dell'obbligazionario confidano peraltro le banche, legate a filo doppio con via XX Settembre a causa dell'elevata esposizione nei titoli di Stato. E cosa significhi, per il settore del credito, un allentamento delle tensioni lo si capisce bene dall'andamento di ieri dell'indice di categoria: un +4,23% su cui ha giocato anche un rapporto di Morgan Stanley che vede una potenziale rivalutazione del 12% per la Borsa italiana e mette in conto un recupero dei Btp in vista della presentazione della legge di bilancio. La banca d'affari Usa ritiene probabile che l'obiettivo sul rapporto tra deficit e Pil che annuncerà il governo a fine settembre si attesterà attorno al 2,2% e non vicino al 3%. «Previsione - afferma il report - che se si verificherà sarà un sollievo per i mercati finanziari». E quindi anche per i titoli bancari, che secondo l'istituto statunitense hanno attualmente quotazioni a sconto sia per la scarsa visibilità sugli utili, sia per l'elevato rischio politico.

Da qui al 27 settembre, giorno in cui verrà presentata la nota di aggiornamento al Def, ogni parola pronunciata dall'esecutivo giallo-verde sarà misurata dai mercati col bilancino del farmacista. Ogni scostamento rispetto ai toni più concilianti del fine settimana esporrebbe i nostri titoli, sia azionari sia di Stato, al rischio di forti vendite. Il pericolo di finire in una tempesta perfetta non è da sottovalutare. L'Italia attende infatti i «verdetti» sulla sua affidabilità finanziaria da parte di Standard&Poor's e Moody's, attesi per la fine del mese quando sarà sollevato il velo sulla legge di bilancio.

Ma deve guardarsi anche da un contesto internazionale, reso complicato dalla guerra a colpi di dazi e dalla fragilità dei Paesi emergenti, che potrebbe testare la resistenza del Paese a choc esterni.

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