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Il Colle frena l'assalto M5s contro la libertà di stampa

Il presidente Mattarella: «È il fondamento della democrazia, non si può fiaccarne l'autonomia»

Il Colle frena l'assalto M5s contro la libertà di stampa

Guardate, voi della maggioranza, che «la stampa è uno dei fondamenti della democrazia». E state attenti, insiste Sergio Mattarella, perché «la sua libertà deve essere incondizionata». Dovrebbe essere un concetto facile facile da capire, una cosa scontata, una banalità sulla quale trovare tutti d'accordo. Una «non-notizia». Invece non è così. Dopo le bordate giallo-verdi ai media non allineati e le vendette finanziarie promesse da Giggino Di Maio, c'è davvero qualcosa che non funziona se il capo dello Stato è costretto a tornare sull'argomento rimarcando in pubblico un diritto ovvio: il giornalismo indipendente è un pilastro della società, basta quindi con «i tentativi di fiaccarne l'autonomia», gli attacchi non sono più tollerabili.

Nel giro di quattro giorni è già la terza lezioncina di diritto costituzionale che Mattarella deve impartire. Mercoledì, alludendo alla rivolta di Matteo Salvini contro l'avviso di garanzia per il caso Diciotti, ha ricordato che «nessuno è al sopra della legge», nemmeno il ministro dell'Interno: una cosa è criticare iniziative e sentenze della magistratura, un'altra aizzare la folla via Facebook. Venerdì se l'è presa con i sovranisti e con chi nel governo sta cercando di «mercanteggiare» sul bilancio della Ue per ottenere più margini per la manovra e che invece, isolandoci dai partner, rischia di far pagare un conto alto al Paese.

Ora tocca a Di Maio, che nelle ultime ore si è distinto per la sua smania di punite i quotidiani ostili. «Nella legge di bilancio - annuncia il vicepremier - porteremo il taglio dei contributi pubblici e stiamo approntando una lettera alle società partecipate di Stato per chiedere di smettere di pagare i giornali con investimenti pubblicitari». Vito Crimi, il sottosegretario grillino con la delega all'editoria, vuole mettere un tetto agli spot televisivi. E pure Salvini nei giorni scorsi ha parlato della libertà di stampa definendola «qualcosa di molto soggettivo».

C'è aria di Minculpop? Forse no, magari sono paure esagerate, però il Quirinale è preoccupato per gli ultimi segnali e lo fa sapere. «L'incondizionata libertà di stampa - si legge infatti in un messaggio alla società editrice Sud - costituisce elemento portante e fondamentale della democrazia e non può essere oggetto di insidie volte a fiaccarne la piena autonomia e a ridurre il ruolo del giornalismo». Il capo dello Stato non fa nomi e non vuole entrare nella polemica politica di tutti i giorni. Ma quando richiama «la consapevolezza delle istituzioni» a chi si riferisce se non al governo?

Dunque basta pressioni. Quello che serve, continua il presidente, è «una stampa credibile, sgombra da condizionamenti di poteri pubblici e privati» e «società editrici capaci di sostenere lo sforzo dell'innovazione e dell'allargamento della fruizione dei contenuti giornalistici attraverso i nuovi mezzi». Questi sono «strumenti importanti a tutela della democrazia».

Gli editori apprezzano le parole di Mattarella. «Il capo dello Stato - dice il presidente della Fieg Andrea Riffeser - ci ha autorevolmente ricordato come la libertà di ciascuno di noi dipenda dalla libertà di stampa. I problemi odierni di un settore in cui lavorano sessantamila persone impongono un confronto serio con le istituzioni». Anche la Fnsi applaude il Colle. «Non possiamo che ringraziare il presidente- scrivono Beppe Giulietti e Raffaele Lorusso - .

La libertà di informazione è architrave della Costituzione, essenziale per la democrazia».

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