Cronache

Roma, università ostaggio dei rom

A pochi passi dalla facoltà di Lettere e Filosofia dell'università di Roma Tre è spuntata l'ennesima baraccopoli rom della Capitale. Tra continue incursioni nell'ateneo, furti e degrado, gli studenti sono esasperati

Roma, università ostaggio dei rom

Nello spartitraffico che separa via dei Caduti senza Croce da viale Marconi è spuntata una tendopoli. È una schiera di casupole accroccate alla meno peggio, avvolte da infiniti metri di nylon e coperte sgargianti, che si snodano su veri e propri terrazzamenti. Al loro interno, nascosti nel fitto di un boschetto, pernottano da ormai quattro mesi una decina di nomadi. Gli stessi che prima occupavano le baracche sulla riva del Tevere, all’altezza di Ponte Marconi, smantellate a luglio scorso dagli uomini della Polizia Locale, per far spazio al lido voluto dalla giunta pentastellata. Dopo il blitz, alcuni degli sfollati, si sono trasferiti qui: a due passi dall’università (guarda il video).

A pochi metri dall’accampamento, infatti, ci sono le aule della facoltà di Lettere e Filosofia dell’università Roma Tre. E la convivenza tra nomadi e studenti non è per niente facile. Anzi, nelle ultime settimane si sono moltiplicate le denunce e le segnalazioni da parte di residenti e universitari. “La sera accendono continuamente fuochi, con il rischio che prenda fuoco la vegetazione circostante”, si lamenta un uomo che abita poco lontano. Qui tutti chiedono a gran voce lo sgombero dell’insediamento. Anche perché le incursioni all’interno dell’ateneo, nell’ultimo periodo, sono diventate sempre più frequenti.

“Usano i bagni della facoltà per lavarsi, e non è raro che transitino all’interno con i carrelli”, denuncia Andrea Rapisarda, senatore accademico e rappresentante degli studenti. Ma non è solo questione di degrado. In ballo c’è anche la sicurezza dei ragazzi. “È di poche settimane fa l’episodio di una studentessa vittima di un tentato scippo mentre aspettava l’autobus accanto alla fermata della metropolitana di viale Marconi”, racconta. Ormai passeggiare di sera per le vie limitrofe all’ateneo è diventato pericoloso.

“Qui i nomadi ci sono sempre stati, e anche i problemi annessi, ma questa è la goccia che ha fatto traboccare il vaso”, sbotta Rapisarda indicando l’accampamento. Sono le quattro del pomeriggio e al suo interno ci sono tre giovani romeni. “Veniamo tutti dalla Romania”, spiega uno di loro. Ma l’accoglienza che ci riservano non è delle migliori. “Abbassa quella telecamera”, ci grida un uomo che sopraggiunge dopo essersi coperto il volto con una busta del supermercato. “Spegni tutto e vai via”, ci intima gridando. Non possiamo far altro che assecondarlo, nell’attesa che si calmino le acque. “Qui puliamo tutto”, ci rassicura un ragazzo romeno indicandoci i sacchi colmi di indumenti, giocattoli e materiali di risulta. Tutt’intorno ci sono resti di cibo rancido, presi d’assalto da nuvole di insetti e da qualche topo. Insomma, il degrado dalle sponde del Tevere si è solo spostato di qualche centinaio di metri. E ora attanaglia i cancelli dell’università.

“A pochi metri dalla spiaggia della Raggi regnano degrado e illegalità”, attacca Fabrizio Santori, della Lega. A raccogliere le lagnanze della popolazione è stata Raffaella Rosati, consigliera municipale del Carroccio, che denuncia “il proliferare degli insediamenti abusivi nel quartiere” e tutti i problemi che ne conseguono. Non ultimo quello delle scorribande nell’ateneo per usurfruire dei servizi igienici: “I rom entrano all’interno della facoltà e rendono la vita impossibile agli studenti”, accusa un altro esponente leghista, Daniele Catalano.

A protestare ci sono anche gli ambientalisti. “Questa è una situazione molto grave, sia dal punto di vista ambientale che della sicurezza: ci troviamo dinanzi ad uno spazio verde totalmente abbandonato ed occupato illegalmente, per giunta di fronte all’ingresso di una delle facoltà più importanti di Roma”, evidenzia Piergiorgio Benvenuti, presidente di Ecoitaliasolidale, chiedendo un intervento immediato dell’amministrazione per ripristinare il decoro.

Ma nella Capitale delle baraccopoli, il degrado sembra destinato a non scomparire mai, ma soltanto a cambiare latitudine.

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