Economia

Crolla Astaldi: -30%. E sui big del settore mina da 4,5 miliardi

Crisi turca e appalti "lumaca", il gruppo va al test dell'aumento. I casi di Trevi e Condotte

Crolla Astaldi: -30%. E sui big del settore mina da 4,5 miliardi

In Italia i big player delle costruzioni si stanno sgretolando sotto il peso dei debiti: almeno 4,5 miliardi. L'ultima in ordine di tempo ad alzare bandiera bianca è stata Astaldi: general contractor quotato in Piazza Affari, con 10.500 dipendenti e specializzato in grandi opere come l'alta velocità o la Fiera di Milano.

La società ha presentato al Tribunale di Roma una domanda di concordato preventivo «con riserva» in vista del deposito di quello «in continuità aziendale» per superare la temporanea fase di tensione finanziaria e trovare nuova liquidità. In soldoni, il gruppo è appeso a un filo, insieme a debiti per 1,89 miliardi allo scorso giugno dai 1,47 miliardi di dicembre.

Una condizione che la società romana condivide con altri protagonisti delle costruzioni made in Italy: Trevi e Condotte in primis. Colpa di un contesto di business difficile, mancate fusioni in un mercato frammentato, ma anche di scelte strategiche sbagliate. A mettere i bastoni tra le ruote a queste società ci ha pensato inoltre lo Stato con appalti lenti e remunerati in ritardo. Risultato: i crediti commerciali sono fermi in bilancio e l'indebitamento cresce. Nel caso del gruppo presieduto da Paolo Astaldi, infatti, l'esposizione del portafoglio ordini sull'Italia, da cui dipende un quarto dei ricavi, non ha aiutato. Non solo, uno dei mercati scelti come riferimento, la Turchia, sta vivendo una crisi senza precedenti che ha bloccato la procedura di vendita del Terzo Ponte sul Bosforo, realizzato da Astaldi, e utile al piano di rafforzamento patrimoniale. Ora, le tappe del percorso in continuità dovrebbero prevedere la concessione in affitto a due newco controllate da Astaldi di due rami di azienda, l'acquisizione di finanza prededucibile e un aumento di capitale. Ma tutto questo non è bastato al mercato e Astaldi ieri ha lasciato sul terreno il 29,8% a 0,8 euro; con il bond 2020 (cedola al 7,125%) emesso a 100 e svalutato ieri a 23,5.

Un altro caso di crisi, è quello del gruppo Condotte, terzo dietro a Salini-Impregilo e Astaldi, autore di progetti come la «nuvola» di Fuksas a Roma e il traforo del Monte Bianco. Per Condotte, 2.800 dipendenti, il concordato in bianco al Tribunale di Roma è stato chiesto a gennaio. Dopo che sono caduti nel vuoto i tentativi di fare cassa cedendo alcuni asset, poco più di un mese fa, sono stati nominati i tre commissari straordinari che cercheranno di garantire la «continuità». Anche nel caso di Condotte ci sono di mezzo i debiti: 833 milioni a fronte di 1,3 miliardi di fatturato.

Altra società in panne è poi Trevi, seppure non sia un costruttore puro: è leader mondiale nell'ingegneria del sottosuolo e nelle perforazioni. La società fa capo alla famiglia Trevigiani (32,3%), ma ha tra i soci anche la Cdp col 16,8% (la quota acquisita nel 2014 per 101 milioni, vale oggi 8 milioni). La società ha bisogno di un'iniezione di capitali freschi a fronte di debiti per 650 milioni e, a luglio, ha approvato un aumento da 400 milioni, da sottoscriversi fino a 150 milioni in contanti e per il resto con la conversione di crediti in capitale. Un percorso lungo che vede protagoniste molte banche.

A fare eccezione, è però Salini Impregilo, soprattutto grazie alla bassa esposizione sull'Italia (7%). Non secondarie sono state poi alcune importanti scelte internazionali come l'ingresso nel profittevole e liquido mercato Usa. Tuttavia, nonostante utili e ricavi in netta crescita, non è passato inosservato al mercato un indebitamento in crescita a 1,1 miliardi (al 30 giugno). In Italia, inoltre, il gruppo guidato da Pietro Salini è coinvolto da anni nel progetto di realizzazione del Terzo Valico, messo di recente in dubbio dal governo giallo-verde.

Seppur ormai lavori prevalentemente all'estero, una piccola mina italiana potrebbe esplodere dunque anche in casa Salini.

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