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Hamilton a un passo da Fangio e ora salvate il soldato Vettel

Lewis trionfa e può festeggiare il 5° titolo ad Austin Altro errore del tedesco: immagine e autostima a rischio

Hamilton a un passo da Fangio e ora salvate il soldato Vettel

Sebastiano Vettel potrebbe diventare un caso unico nella storia recente del Cavallino: il primo campione del mondo a rischiare di uscire da Maranello ridimensionato, declassato, retrocesso. Nella considerazione degli altri e anche nella considerazione che il diretto interessato ha di se stesso. Dopo ieri, dopo Suzuka, Sebastiano sembra quasi un caso umano prima che sportivo. Perché a fine corsa, per giustificare l'incidente con Verstappen, via radio dice «lo spazio c'era e se non mi ci butto, allora meglio andare a casa» e perché dopo, con la stampa, sembra contraddirsi «non voglio apparire arrogante, lo spazio c'era ma sapendo come è poi andata a finire, non rifarei quella manovra...». Ormai incespica in pista e nelle parole e nei ragionamenti, cercando di spiegare e spiegarsi per quale dannata ragione abbia comunque deciso di infilarsi in quel momento, in quel punto, in quella curva, nonostante sapesse che Verstappen avrebbe presto scontato una penalità di cinque secondi per avere poco prima urtato Raikkonen («punizione stupida» il commento dell'olandesino al volante). Per di più con l'aggravante, esperto com'è, di sapere che alla curva Spoon comanda sempre chi subisce l'attacco, a cui basta chiudere un poco la strada per intimidire o innescare il patatrack. E così è stato: toccata, detriti, testacoda, ripartenza da 18° e alla fine sesto dietro a Kimi.

Sebastiano sta diventando un caso unico perché, con ieri, è ufficiale la preoccupazione di chi ancora lo ritiene un fuoriclasse in termini velocistici e puro pilotaggio. Rischia infatti di trasformarsi nel primo campione del mondo, anzi, pluricampione, entrato a Maranello da generale e uscito pilota semplice. Persino Fernando Alonso, il suo predecessore, è saltato giù dal Cavallino, peggio, è stato disarcionato dal Cavallino stesso, portando con sé nuova fama di indiscutibile rompipalle e sfascia team. Ma di certo, nessuno si è sognato mai di metterne in dubbio le qualità e i mondiali conquistati in precedenza. A Sebastiano sta invece succedendo proprio questo. Agli occhi dei più, i quattro titoli di fila del periodo Red Bull appaiono oggi lo splendido regalo di una monoposto perfetta e borderline a livello regolamentare che era stata capace di offrire ai propri piloti un tale vantaggio da renderli fenomeni. Non a caso in quegli anni, Mark Webber da comprimario delle corse si era all'improvviso trasformato in campioncino. E adesso che con la vittoria in tutta tranquillità di Hamilton a Suzuka, la numero 9 dell'anno, la quarta di fila, la sesta in sette gare, la 71ª in carriera, ora che Lewis con 67 punti di vantaggio su Vettel si sta per laureare penta campione come Juan Manuel Fangio (ad Austin gli basterà ottenere 8 punti più del ferrarista), ora a Sebastiano resta una sola possibilità per raddrizzare se stesso e la propria immagine: disputare l'anno prossimo una stagione stile Hamilton 2018. Per cui zero errori, al massimo qualche sbavatura.

Non ha alternative: è condannato a vincere bene. Da Baku ad oggi, passando per Francia, Germania e Italia, troppi i pasticci dell'uomo che in primavera ed estate guidava una grande macchina, in quel momento la migliore. Ad Alonso, visto che è stato citato, non sarebbe accaduto. La gara di ieri era ovviamente viziata dalla disastrosa scelta di gomme fatta sabato dal box Ferrari, ma se non ci fosse stato l'azzardo su Verstappen, Seb sarebbe stato in grado di andare a rompere le scatole a Bottas alla fine secondo. Ma tant'è, la gara era già nata storta. E Arrivabene, che sabato era sbottato con la squadra «faremo i conti alla fine...», ieri è tornato a usare parole più morbide «nessuna frattura nel team, le discussioni generano soluzioni, il silenzio spaventa e in gara è arrivata una reazione d'orgoglio» ha detto. Se però i conti nel team si faranno a fine stagione, quelli con il pilota di punta sono già iniziati. L'arrivo di Leclerc a turbarne ancora di più l'instabile umore è un fatto che sa di avvertimento: occhio, perché non sei più generale. Anche perché per fare una stagione alla Hamilton 2018 serve un Bottas accanto.

Non un Verstappen monegasco.

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