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Se la marcia della pace di Assisi ora fa la guerra sull'accoglienza

La marcia della pace di Assisi si è trasformata in un'occasione per contestare la "linea dura" in materia di gestione dei fenomeni migratori

Se la marcia della pace di Assisi ora fa la guerra sull'accoglienza

É lecito utilizzare San Francesco come simbolo politico? A leggere certe ricostruzioni giornalistiche della marcia di Assisi sembrerebbe proprio di sì.

Peccato che il patrono d'Italia abbia vissuto un'esistenza molto distante da quella raccontata, in seguito, dai suoi presunti seguaci. Qualcuno si ricorderà di quando Francesco provò a convertire il sultano d'Egitto. Lo ha riportato Giuliano Guzzo per mezzo di una riflessione divenuta virale. San Bonaventura, nella sua vita di San Francesco, ha lasciato scritto che l'assisiano si recò "tra gli infedeli, a portare con l’effusione del suo sangue, la fede nella Trinità".

Basterebbe leggere un minimo della sua biografia per comprendere quanto siano ridicoli certi tentativi di accostamento ideologico. Come riportato qui, persino il papa aveva tentato di mettere il poverello al riparo dalle narrazioni distorte del pensiero debole: "La pace francescana – aveva ricordato Bergoglio nella città umbra, in tempi non sospetti – non è un sentimento sdolcinato. Per favore: questo san Francesco non esiste! E neppure è una specie di armonia panteistica con le energie del cosmo… Anche questo non è francescano! Anche questo non è francescano, ma è un’idea che alcuni hanno costruito! La pace di san Francesco è quella di Cristo, e la trova chi 'prende su di sé' il suo 'giogo'". Ma a certa sinistra pare interessare poco.

Lo stesso pontefice argentino è spesso stato elevato a leader immaginifico, quasi come un Che Guevara qualunque. Lo stesso papa che ha affermato che l'aborto "è quello che fa la mafia" e che si è scagliato contro la diffusione dell'ideologia gender. Dalla stessa sinistra che si è stracciata le vesti per la mozione di Verona. Solo per fare un esempio.

La marcia della Pace, quella che parte da Perugia e termina nel luogo di nascita del Santo, è divenuta una delle rare occasioni in cui le numerosissime realtà, partitiche e associative, del laicismo progressista d'Italia si danno la mano e camminano insieme. Quest'anno, poi, l'obiettivo politico era più che manifesto: contestare la "linea dura" in materia di gestione di fenomeni migratori. Il quotidiano Libero ha pubblicato l'elenco dei "convocati": c'erano Maurizio Martina, la Boldrini, Grasso, Civati e Fratoianni. Poi gli enti e le associazioni: da Amnesty a Libera, passando per le Ong e le sigle dei soliti movimenti.

Il trait d'union dell'iniziativa è finito per interessare pure Riace. Tanto che una delle magliette più in voga durante la marcia è risultata essere quella solidale nei confronti di Domenico Lucano. La manifestazione di Assisi, insomma, come continuazione naturale di quelle organizzate per esprimere solidarietà a al sindaco pro accoglienza.

Il messaggio si è fatto più esplicito attraverso le parole dei leader presenti: "La pace va difesa ogni giorno dagli spacciatori di paura", ha tuonato l'ex presidente della Camera, Laura Boldrini. Zingaretti, il governatore della regione Lazio in rampa di lancio per la segreteria del Pd, ha dichiarato che la marcia rappresenta "un bel segnale dell' Italia che rifiuta l' odio". Qualche sindacalista ha scelto la strada più corta e senza troppi giri di parole si è scagliato contro il governo, che "alimenta il clima di xenofobia nei confronti dei migranti". Poi ci ha pensato il coordinatore dell'evento, Flavio Lotti, a indirizzare in modo definitivo la manifestazione: il modello Riace andrebbe candidato al premio Nobel.

Da marcia per la pace, come ha fatto notare il quotidiano diretto da Senaldi, a marcia ultrapoliticizzata.

Con buona pace del Santo che aveva invitato a combattere armi in mano chi "bestemmia il nome di Cristo".

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