Cultura e Spettacoli

Se la storia di ogni famiglia è un fragile "Ponte d'argilla"

Se la storia  di ogni famiglia  è un fragile "Ponte d'argilla"

Il ponte che Clay Dunbar sta costruendo non è solo un ponte. Come il mulo di casa, Achilles, non è solo un mulo. E le botte che lui e i suoi altri quattro fratelli si danno non sono solo calci, pugni e morsi. Quello che domina in casa Dunbar, al 18 di Archer Street, in un caldissima città australiana, è «lo spirito indomabile dei ricordi». In quella casa «c'era sempre qualcosa per cui commuoversi»: fra le scazzottate, le sospensioni da scuola, le gare di corsa a ostacoli (umani), gli animali invadenti dai nomi omerici, i libri dentro il pianoforte, i calzini sporchi. I fratelli Dunbar sono soli: la madre Penelope è morta dopo che un tumore l'ha svuotata piano piano; subito dopo, il padre, «l'Assassino», li ha abbandonati. E quando si ripresenta, dopo anni, ai suoi ragazzi, è per fare loro una richiesta: aiutarlo a costruire un ponte su un fiume che - forse - strariperà di nuovo, non lontano dalla sua casa natale.

Sarà Il ponte d'argilla, come si intitola il nuovo romanzo di Markus Zusak: atteso da dodici anni, cioè da quando lo scrittore australiano pubblicò Storia di una ladra di libri (che poi è diventato un film e in Italia ha venduto, fino a oggi, 960mila copie), esce oggi in contemporanea con Australia, Stati Uniti e Canada (Frassinelli, pagg. 504, euro 20). È il suo primo «romanzo per adulti», anche se parla, soprattutto, di cinque ragazzi. Della loro infanzia con la madre Penelope, fuggita dalla Polonia comunista, che vuole a tutti i costi che imparino a suonare il pianoforte, e che ogni sera legge loro l'Iliade o l'Odissea. Della lunga agonia di lei, della rabbia dei suoi figli. Del loro diventare adulti senza un padre, e con una sola guida: provare un dolore così straziante da morirne; ma, alla fine, non soccombere. E tornare a casa. Clay è il protagonista del romanzo: è colui che mette da parte il rancore per l'Assassino, il padre odiato, e si unisce a lui nella costruzione del ponte. Un ponte dagli archi maestosi, in cui ci sia anche lui stesso (Clay in inglese significa argilla).

E mentre scava, trasporta, impila, progetta, ama e soffre, dorme poco e mangia ancora meno, la storia della famiglia Dunbar e delle sue tante lacrime si incastra, mattone dopo mattone, anche se non c'è cemento a tenerli uniti, ma solo poesia, la delicata attenzione per le piccole e grandi cose che costruiscono la nostra esistenza, e la nostra identità.

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