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Moody's pronta a declassarci E Fitch avverte: conti a rischio

L'esperto dell'agenzia Usa: «La manovra è un errore, logico aspettarsi conseguenze». Il verdetto a fine mese

Moody's pronta a declassarci E Fitch avverte: conti a rischio

A questo giro non la sfanghiamo. Dopo averci concesso più tempo lo scorso agosto, di fatto graziandoci, adesso Moody' è pronta a far calare la sua scure sull'Italia. Entro fine mese, la nostra già non impeccabile fedina di affidabilità finanziaria sarà ulteriormente macchiata da un taglio del rating. Se qualcuno aveva ancora qualche dubbio, la conferma che il verdetto è di fatto già stato emesso è arrivata da un'intervista rilasciata alla Stampa dal capo economista dell'agenzia Usa, Mark Zandi. Uno che di mestiere guarda ai conti, più che star lì a pesare le chiacchiere. E le cifre su cui ha messo gli occhi, pare non gli siano punto piaciute. «Questa manovra è un errore - dice tranchant - . È come giocare d'azzardo con la salute economica e fiscale di lungo termine dell'Italia». Risultato? «È logico aspettarsi che le preoccupazioni sull'Italia manifestate in questi giorni dai mercati si rifletteranno anche nelle prossime valutazioni delle agenzie di rating».

In queste settimane dominate dal chiacchiericcio spesso circolare di chi ci governa e dai tonfi cupi dei mercati, Zandi si è fatto l'idea che stiamo viaggiando contromano convinti che siano gli altri nella corsia sbagliata. Il Paese dovrebbe approfittare - dice - della congiuntura favorevole per raddrizzare i conti e far le riforme, mentre invece Palazzo Chigi punta ad allargare deficit e debito. È una ricetta da avvelenamento: «Prendere soldi in prestito per cercare di crescere, nonostante la difficile situazione fiscale dell'Italia, e il nervosismo dei mercati, non è produttivo. Anzi, è controproducente e non funzionerà», spiega Zandi. Insomma: ci faremo male da soli, e non per colpa di qualche congiura. «Non c'è alcun complotto - assicura - . Gli investitori mettono i loro risparmi nei titoli emessi dall'Italia e vogliono essere ripagati. Oggi temono che non rivedranno i loro soldi, almeno in un tempo ragionevole, e quindi chiedono maggiori compensazioni per questo rischio».

Entro fine mese il downgrade arriverà, mentre Fitch sta affilando l'accetta (deciderà entro marzo 2019) perché vede «rischi consistenti per i target sul deficit, specialmente oltre il 2019» e spiega che i dettagli della manovra saranno decisivi per le sorti del rating. «A me interessano gli imprenditori che fanno impresa e non qualche burocrate in qualche ufficio», la secca replica del vicepremier Matteo Salvini. «Noi vogliamo essere promossi dai cittadini non da altri», gli fa eco l'altro vicepresidente del Consiglio, Luigi Di Maio.

Sulla fallibilità delle agenzie di rating, famose per giudizi ad mentula canis (da Enron ai subprime, dalla Grecia fino a Lehman), possiamo essere d'accordo, ma il problema è che i mercati agiscono sulla base delle loro valutazioni. Qui resta da capire quale trattamento Moody's riserverà all'Italia, ora classificata Baa2. Due sole tacche ci separano dal livello junk (spazzatura): non è un margine rassicurante. Il rischio è di una reazione violenta dei mercati che surriscalderebbe lo spread (ieri a 296 punti, tre in meno di martedì), farebbe crollare la Borsa (-1,71%, più per problemi internazionali che domestici) e renderebbe più complicato collocare i titoli di Stato. A causa del rialzo dei rendimenti nell'asta di ieri dei Btp per un controvalore pari a 6,5 miliardi, il Tesoro ha sopportato 30 milioni di euro di oneri aggiuntivi.

Da aggiungere ai 400 milioni di maggiore spesa per interessi dello scorso settembre.

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