Cronaca locale

Scatti che raccontano l'umanità

Al Festival della fotografia etica, ventitré mostre e un premio

La prova del nove sta per essere superata. Il Festival della Fotografia Etica (fino al 28 ottobre) a Lodi, in diverse sedi della città, alla nona edizione è ormai stabilmente uno degli appuntamenti di cultura fotografica più importanti d'Italia. «Etica», dice il direttore Alberto Prina, che con Aldo Mendichi e il Gruppo Fotografico Progetto Immagine organizzano la manifestazione, «vuol dire fotografia che riesce a coinvolgere. Non solo reportage, ma immagini capaci di smuovere le coscienze». I più grandi fotografi, ricorda Prina, «sono presenti in una piccola città padana, con la piazza più bella del mondo, scenario ideale di un festival nato anche per valorizzare le eccellenze di Lodi. Quest'anno apriamo un'ex chiesa, detta la Cavallerizza, abbandonata da anni». Le mostre sono 23, i fotografi una ventina (presenti in carne e ossa, spiegano le immagini come perfetti ciceroni), oltre 15 mila i visitatori dell'anno scorso. Sul sito i dettagli della manifestazione, vero bengodi per chi ama l'espressione fotografica. A Lodi, quest'anno lo Spazio Tematico è dedicato agli animali in relazione all'uomo: quale futuro? Esposti (tra altri) i lavori del russo Nikita Teryoshin sulle «mucche turbo», razze da latte tedesche. Paolo Marchetti, invece, indaga dietro le quinte della pelletteria. Sei le categorie del World Report Award, ambito premio assegnato da una prestigiosa giuria. Per la sezione Master, tocca a Paula Bronstein con il portfolio sull'esodo della minoranza etnica islamica Rohingya verso il Bangladesh. Per la sezione Spotlight, a Tommaso Protti con il reportage sulla crisi umanitaria in Amazzonia. Premiati anche, per altre sezioni, Nanna Heitmann, Laurence Geai, Giles Clarke, Bente Marei Stachowske, Wu Jingli e l'ente Care Harbor. Da non perdere l'omaggio a Shah Marai, corrispondente di France Press, ucciso in un attentato a Kabul lo scorso 30 aprile.

E, di strettissima attualità, il lavoro di Michele Guyot Bourg, immagini realizzate tra i genovesi che vivevano sotto il tragicamente famoso Ponte Morandi negli anni '80, quando il mostro di ferro e cemento era simbolo di progresso. AB

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