Cronaca locale

Il primo violino Berliner "Suoniamo con l'anima"

L'Ottetto della nota orchestra in Conservatorio. Stabrawa: "Muti favoloso e Chailly fantastico"

Il primo violino Berliner "Suoniamo con l'anima"

Martedì 16, in Conservatorio (ore 20.30), la Società del Quartetto inaugura la stagione con l’Ottetto dei Berliner Philharmoniker: quattro violini, due viole e altrettanti violoncelli impegnati in Strauss, Brahms e Mendelssohn. Una formazione, per sua natura, che è la quintessenza dell’orchestra: nel caso dei Berliner, in cima alla classifica di serie A. Abbiamo frugato tra i leggi di questo complesso leggendario accompagnati da colui che da 32 anni è il Konzertmeister, Daniel Stabrawa. Per intenderci, è il violino di spalla, il musicista che a esecuzione terminata stringe la mano al direttore, un primus inter pares che guida la propria fila sovrintendendo anche alle altre, il ponte fra podio e colleghi.

Stabrawa approdò ai Berliner a 28 anni, e dopo tre già era la spalla. Così volle Herbert von Karajan. “Ho sempre fatto musica col cuore, e la cosa piacque a Karajan, per questo mi scelse. Mi disse “Lei capisce le mie intenzione”. In quella fase, il gesto non era chiaro come un tempo per cui la mia responsabilità stava nell’interpretare i movimenti della sua mano. Ma ad aiutarmi erano anzitutto gli occhi, non perdevo mai di vista quello sguardo magnetico, anche a costo di sbagliare una nota. E comunque i Berliner erano diretti da Karajan da 30 anni, erano un corpo unico”, racconta Stabrawa. Con Karajan si chiuse un’epoca, quella delle lunghe permanenze dei direttori ai vertici delle orchestre, il fenomeno sta interessando i complessi di tutto il mondo (a parte il Marinskij di San Pietroburgo. Ma di Valery Gergiev ve n’è uno solo). “Abbado rimase 12 anni, e fu abbastanza: per lui e per noi. Rattle 16 anni, ma è stato un caso. Viviamo tempi veloci, e anche i rapporti musicali hanno una vita più corta”. Con quale esito? “Che metti un cd e non distingui più i complessi, tutti bravissimi ma tutti uguali”. Berliner compresi? La risposta di Stabrawa è “sì. Da noi suonano i migliori musicisti, e tanti sono veramente giovani. Mi guardo attorno e vedo ben pochi colleghi di un tempo. Ma non siamo più facilmente identificabili come una volta. Una cosa, però, continua a distinguerci: suoniamo con tutta la forza dell’anima. Cosa vuol dire? Che magari non siamo infallibili, possiamo sbagliare perché presi da tanta emozione. Ma se tutto va bene, allora siamo unici. Suoniamo sempre al 100% anzi al 120%”. A prescindere dal pilota, la Filarmonica di Berlino è una macchina che assicura sempre alte prestazioni. “Anche perché abbiamo la fortuna di essere diretti da bravi maestri”.

Chiediamo chi siano i “bravi maestri” italiani. “Senza dubbio Riccardo Muti, è favoloso, purtroppo però non viene spesso. Fantastico anche Riccardo Chailly, ha tanta esperienza. Nel repertorio francese ci piace anche Daniele Gatti. Direi loro”. Quanto alle orchestre italiane, confessa di non conoscerle anche perché “non vengono mai a Berlino e quando sono io a venire in Italia coi Berliner sono preso dalle prove e non ho il tempo per sentire nessuno”. Ora la Filarmonica scaligera è in fase di crescita, è tornata a circolare nel mondo, fisicamente e attraverso l’etichetta discografica Decca. Riproporremo il quesito a Stabrawa fra un po’. I Berliner stanno ai Wiener come Apple a Samsung, sono i due colossi del settore.

Pungolato sul tema della competizione, il violinista assicura che non c’è paragone, “siamo troppo diversi, e diverse le sale dove suoniamo. La nostra, a Berlino, esige grande forza, mentre il Musikverein di Vienna è l’esatto contrario. Ricordo quando andammo a Vienna con Abbado. Alla prima prova, il nostro suono era esageratamente potente, e via via iniziamo a ridurre. In compenso, quando i Wiener vengono da noi, per i primi 15 minuti non si sentono, sembrano zanzare, poi vedi uno sviluppo continuo e a quel punto suonano splendidamente. Altra cosa. Noi ci occupiamo di musica sinfonica e basta, i Wiener anche di opera quindi, proprio come le orchestre italiane, tendono ad assecondare la melodia ed è come se rispettassero sempre la presenza di cantanti. Noi siamo consapevoli di essere soli, non dobbiamo mai aspettare chi canta o balla, siamo solisti”. Nostalgia dei Berliner dei tempi andati? “I Berliner continuano ad essere fantastici. Però 30 anni fa si voleva sentire musica bella, romantica, per il cuore. Ora ci chiedono di suonare in modo preciso, e pazienza se non si trasmettono emozioni. La gente non vuol fare vedere l’anima.

Io continuo per la mia strada: cerco la Bellezza nella musica”.

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