Cronaca locale

Alla Scala arriva Kurtág E la contemporanea invade pure le periferie

Festival al via domenica con pagine scritte dal maestro ungherese. Recital nei quartieri

Luca Pavanel

«Milano Musica», il tempo del compositore ungherese György Kurtàg. Ma anche di arte sonora «on the road»: benvenuti alla ventisettesima edizione della rassegna dedicata alla contemporanea.

Prima del concerto di apertura «fermata» su una anticipazione che avverrà sabato e domenica, con l'iniziativa titolata curiosamente «Secret Public. Scatole sonore in spazi urbani», ovvero una serie di micro-concerti che è a cura di Zaum_percussione, da un progetto di Ictus Ensemble. Si tratta di debutti in cinque zone cittadine (via Padova 91, Parco dell'Acqua di Rubattino, via Odazio 9, via Felice Orsini 91, viale Affori 21 e via Imbonati 24). Come a dire, che la musica contemporanea sbarca in periferia, in un festival (dal 20 ottobre al 26 novembre) che mette in scena le creazioni di uno dei grandi maestri del Novecento. Ma vediamo il taglio del nastro previsto domenica.

Ecco il concerto sinfonico che inaugura la kermesse il 21 ottobre dalle ore 20 alla Scala con la Filarmonica di «casa» (direttore Madaras, Kurtàg Jr. al sintetizzatore e Svoboda al trombone): il primo brano dei tre in programma è «Zwiegespräch», che Kurtag ha composto insieme al figlio nel 1999 come una «conversazione a due» per quartetto d'archi ed elettronica, diventa per otto anni l'oggetto mutevole di un confronto continuo fra due modi differenti di pensare la musica e le nuove tecnologie, sottoponendo la partitura a continue revisioni, modificando l'ordine dei movimenti, realizzando nuovi esperimenti. Il secondo brano: è il riflesso di Kurtág sulla contemporaneità, nel segno di Beckett (dal quale è nata l'opera nuova, «Samuel Beckett: Fin de partie», che debutta in prima mondiale al Piermarini il 15 novembre). «Watt» è infatti un concerto per trombone e orchestra composto da Pascal Dusapin nel 1994 e ispirato all'omonimo romanzo di Beckett (1953): la storia di un uomo, Watt, che va a servire nella casa di un certo signor Knott, per poi finire in manicomio, dove questo strano «servizio» viene raccontato con acido umorismo.

Nei tratti drammatici e grotteschi di Watt c'è un filo che corre anche al grande capolavoro del 1911, «Petruska» (terzo brano), con cui Igor Stravinskij diede una tripla spallata, insieme all'Uccello di fuoco prima e alla «Sagra della Primavera» poi, alla grande orchestra dell'Ottocento.

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