Controcultura

Buttare i soldi (e l'anima) a Macao

Eleonora Barbieri

Lord Doyle è un «piccolo giocatore». Non è neanche un Lord, in effetti. È piccolo non tanto per le pile di denaro che si gioca nei casinò di Macao, quanto per le meschinità che si è trascinato in valigia, nella sua fuga in Oriente, quando ha lasciato il Sussex, il lavoro poco promettente da avvocato e una vecchia signora truffata del suo cospicuo capitale... Il mondo cancella la vecchia Inghilterra, ma Doyle va nella direzione opposta: forte di un conto aperto a Hong Kong, ogni sera si siede al tavolo, tira fuori il portafoglio di coccodrillo, indossa i guanti gialli di capretto e si finge «un qualche genere di lord, un lord in fuga da un periodo sfortunato che le forze dell'I Ching possono alleviare».

Fortuna, fatalismo, il vecchio mondo che viene abbandonato e non ha più futuro, le forze del Destino che dominano le nostre vite (molto più di noi stessi), il gioco d'azzardo, lo smarrimento lungo i sentieri dell'Oriente, le svolte dell'esistenza che non sono mai svolte vere, i lussi quotidiani (specie quelli che non ci si potrebbe permettere), la sensualità aristocratica, l'imprevedibile dietro l'angolo, il senso di decadimento e di una tragedia incombente: sono i temi di Lawrence Osborne, e infatti La ballata di un piccolo giocatore, romanzo del 2014 che viene pubblicato ora da Adelphi, ricorda, per sottofondo e ambientazione, Cacciatori nel buio (Adelphi, 2017), anche se è, appunto, la storia di un giocatore, piccolo, perso e rovinato come tanti. Lo stile è parte della storia: sinuoso, lento, serpeggiante come uno di quei fiumi che attraversano le foreste del Sud Est asiatico toccando ogni sponda, sfiorando ogni foglia, trascinando con sé emozioni, misteri, pace e massacri. Non c'è empatia nei confronti di Doyle, eppure non si può non partecipare agli alti e bassi della sua «malattia»: in una notte, al tavolo del baccarat - gioco da re, gioco in cui l'abilità non conta - riesce a perdere tutto, ma proprio tutto, eppure riuscirà a salvarsi, ma anche questa salvezza sarà soltanto una illusione... Su tutto e tutti domina la Fortuna, sulle cui fondamenta è costruita una intera città, e alla quale i «fratelli» di Doyle si affidano da secoli. Il giocatore vero - dice Doyle - ama soprattutto quell'istante in cui si affida al caso, e non sa che cosa sarà di lui un secondo dopo.

E sa anche che, se perderà, in fondo era ciò che desiderava.

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