Cronache

Da Torino a Cagliari, tutti i San Lorenzo d'Italia

Ogni grande città ha una «zona franca». Anche Milano: via Gola e il parco di Rogoredo

Da Torino a Cagliari, tutti i San Lorenzo d'Italia

L'Italia è piena di San Lorenzo, di quartieri, strade, palazzi in mano alla malavità, agli sbandati, ai migranti. Luoghi in cui le stesse forze dell'ordine a volte hanno paura ad avvicinarsi e che diventano zone franche con regole tutte loro, molto diverse da quelle del cosiddetto consesso civile.

Partiamo dal Nord. A Torino c'è il quartiere Barriera di Milano, incastrato tra la Dora Baltea e il Po: un luogo nelle mani di spacciatori e disperati, con talmente tante persone agli arresti domiciliari che un ristorante cinese dalle discutibili condizioni igieniche si è specializzato nella consegna di pasti a casa dei galeotti della porta accanto. Milano ha i suoi bronx nei palazzoni di Quarto Oggiaro, alla periferia Nord, a Rogoredo, a Corvetto, nella periferia Sud, e in via Gola, alle spalle dei Navigli, a due passi dalla scintillante movida: qui molte abitazioni sono occupate e i pochi residenti «regolari» hanno paura a uscire di casa dopo una certa ora. E la polizia latita.

A Genova abbandonato a se stesso è il palazzone rosso del quartiere Diamante a Begato, detto la Diga per la sua imponenza. Centinaia di appartamenti, molti sfitti, molti occupati, lo spaccio che impera, i fiori a costruire la Spoor River dei morti ammazzati. A Trieste pochi amano recarsi nel complesso Rozzol Melara, detto il quadrilatero perché formato da due palazzoni a forma di «L» che si chiudono tra loro. Doveva essere il sogno utopico dell'architettura di Le Corbusier, un genio che però ha ispirato nel mondo centinaia di falansteri della disperazione.

Scendiamo per l'Italia. A Roma oltre a San Lorenzo sono Far West urbani Tor Bella Monaca e il «seprentone» di Corviale, in due diverse periferie. A Napoli molti quartieri sono in mano alla fiorente criminalità locale, come i semicentrali rioni Forcella, Sanità, Traiano, e i complessi «gomorriani» di Scampia e Secondigliano. Qui vige un codice di comportamento peculiare: ad esempio non si porta mai il casco quando si è in moto, ma non in spregio al codice della strada - che pure non è tenuto in gran conto - ma per farsi sempre riconoscere.

Il Sud è pieno di luoghi dimenticati, che vivono nell'anarchia. A Bari c'è il quartiere San Paolo, che lì nessuno chiama così: per tutti è il «quartiere», oppure il Cep, sigla da Coordinamento di edilizia popolare è passata a significare Centro elementi pericolori. A Foggia il Rione Candelaro è spesso teatro di duelli in piazza tra membri di famiglie rivali per il controllo del racket e dello spaccio. A Taranto da anni i residenti «per bene» del quartiere Paolo VI si lagnano inascoltati della loro convivenza con occupanti, malviventi, bande giovanili. A Reggio Calabria il quartiere Arghillà è un osceno ghetto in mano dove lo spaccio e la prostituzione sono praticato a cielo aperto e molti appartamenti sono occupati abusivamente e anche gli allacci all'elettricità sono pirateschi.

In Sicilia ci sono i ghetti senza legge di Librino e San Cristofaro a Catania, Brancaccio e lo Zen a Palermo, Giostra a Messina, Scavone a Gela.

E a Cagliari a Sant'Elia.

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