Cronache

Il teatro Galli di Rimini torna a nuova vita (dopo 75 anni di burocrazia all'italiana)

Domani l'inaugurazione: sul palco la stella mezzosoprano Cecilia Bartoli

Luca Pavanel

Immaginate per un momento uno dei terribili giorni dell'anno 1943, i giorni del secondo conflitto mondiale. Bombe sganciate su un centro abitato: è caos, fiamme, fumo ovunque. Crolli vari, un tetto soprattutto, ma qualcosa si salva e quel qualcosa resta in piedi così, «solo» per 75 anni. Tempi di reazione all'italiana.

Questa, in un lampo, è la storia del Teatro Amintore Galli di Rimini, che oltre alla semi-distruzione provocata dalle incursioni aeree, nel Dopoguerra dovette subire pure l'occupazione militare nostrana con relativi saccheggi di mobilio, lampadari e arredamenti vari.

Un tempio della cultura progettato dall'architetto modenese Luigi Poletti, legato alla scuola neoclassica purista romana; un luogo titolato al Galli musicologo, giornalista e compositore italiano, a un certo punto utilizzato orrendamente come «cava» ove reperire materiali. Insomma, una storia disgraziata. Che finalmente domani sera avrà un lieto fine.

La sala, infatti, dopo decenni di «coma profondo» per le ferite subite e mai curate, riapre al pubblico con in tasca una stagione concertistica acconcia. Come si dice: meglio tardi che mai. «Dopo il bombardamento - spiega Francesco Amendolagine, architetto e direttore dei lavori per gli apparati decorativi - restò in piedi il foyer, assai grande, utilizzato negli anni per la realizzazione di eventi minori, come feste e piccoli recital». Anche per questo forse tutto è rimasto fermo; chi voleva andare a concerti o all'opera poteva frequentare i teatri delle «vicine» Faenza, Cesena e Ravenna. Poi, per il recupero, le solite lungaggini.

Ora per il nuovo inizio del Galli c'è una madrina di tutto rispetto: il mezzosoprano Cecilia Bartoli, la superdiva italiana orgogliosa di partecipare all'evento. Qualche giorno fa avrebbe fatto visita alla sala dove, stando al programma, intonerà le arie della «Cenerentola» di Gioachino Rossini: «Davvero un teatro bellissimo», il commento - registrato dalle cronache locali - dell'artista che vanta dieci milioni di dischi venduti e cinque Grammy Awards. Pare che un suo gorgheggio a mo' di test sia rimbalzato qua e là. «Sala che brilla», l'osservazione udita. Note sonore a parte, note di storia.

Che giorno la prima inaugurazione, nel 1857, quando la struttura vide la luce. Sala all'italiana con tre ordini di 23 palchi ciascuno e balconata, oltre 800 posti. La prima volta fu con l'opera «Aroldo» di Giuseppe Verdi, diretta personalmente dal maestro. Non è la guerra a dare la prima «mazzata» ma un terremoto del 1916 che fa chiudere per alcuni anni. Rilancio con la «Francesca da Rimini» di Riccardo Zandonai; l'ultimo titolo «Madama Butterfly» di Puccini è datato 1943, quando a dicembre arriva il raid della distruzione. Balzo in avanti nel tempo per avvicinarsi alla rinascita. A suon di polemiche.

All'inizio degli anni Novanta, un concorso porta sul tavolo un progetto modernista che viene osteggiato dai riminesi, favorevoli a un restauro rispettoso dello stile originario. «C'è stata persino una manifestazione di piazza seguita dalla richiesta di un referendum», riferisce Amendolagine. D'altra parte contro quel piano per una mega-sala giocava anche la storia: ai primi scavi saltarono fuori un po' ovunque resti romani. Dulcis in fundo, nel 2002 pure l'allora sottosegretario per i Beni culturali Vittorio Sgarbi in campo a battersi per il recupero «storico». Ed è in questo periodo che arriva il progetto di restauro dell'architetto Pier Luigi Cervellati che viene adottato.

«Il Galli è stato ricostruito con le forze e i sacrifici dei riminesi afferma il sindaco di Rimini Andrea Gnassi La sua apertura adesso non dovrà essere un evento speciale riservato a pochi, ma una festa per tutti».

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