Economia

La distensione Cina-Usa traina le borse asiatiche

Tra Cina e Usa primi segni di dialogo dopo la telefonata Trump-Xi in vista del G20 di fine mese. I mercati orientali esultano

La distensione Cina-Usa traina le borse asiatiche

Taiwan cinta d'assedio dalla Cina di Xi Jinping. Quella odierna dei mercati asiatici è stata una vera e propria corsa ad alta velocità dopo l’annuncio di una notevole distensione nelle relazioni commerciali tra Usa e Cina che pare allontanare, almeno per il momento, lo spettro di una guerra economica a tutto campo tra i due Paesi.

Come riporta l’Huffington Post, “Tokyo ha chiuso in rialzo del 2,56%, Seul del 3,53% Shanghai del 2,7%, Shenzhen del 3,43% mentre Hong Kong, a scambi ancora in corso, avanza del 3,5%. Per le Borse asiatiche si tratta della miglior seduta dall'aprile del 2016”.

La telefonata tra Donald Trump e Xi Jinping nella giornata di ieri ha accelerato il dialogo tra Stati Uniti e Cina, fortificato dall’esistenza di una vera e propria “relazione speciale” tra i due leader, che hanno ripreso i loro contatti dopo la fase di maggiore durezza della crisi, e aperto all’avvio di discussioni formali per un accordo commerciale tra Washington e Pechino in occasione del G20 di Buenos Aires di fine mese.

Come scrive Bloomberg, “i colloqui commerciali tra Stati Uniti e Cina hanno fatto pochi progressi da quando, nel maggio scorso, Trump ha posto il veto a un accordo che avrebbe visto la Cina comprare più prodotti energetici e di agricoltura per ridurre il deficit commerciale statunitense”. Ora, Trump avrebbe chiesto alle principali agenzie economiche dell’amministrazione e a importanti esponenti del governo federale di lavorare a una bozza di proposte da presentare a Xi Jinping nella capitale argentina.

L’apertura di Trump ha, nella tempistica, chiari motivi politici: si tratta di imporre, nella percezione dell’opinione pubblica, una cambio di direzione al tracollo borsistico verificatosi su scala globale nel mese di ottobre e guadagnare spazio di manovra in vista del cruciale voto di midterm; al tempo stesso, però, non può sfuggire la profonda implicazione geopolitica di una mossa tanto importante. Il dialogo tra i due Presidenti implica che nella risoluzione delle controversie commerciali Stati Uniti e Cina intendo coinvolgere i massimi calibri a disposizione. L’impegno del vicepresidente e uomo di fiducia di Xi, Wang Qishan, o del rappresentante di Trump per il commercio, Bob Lighthizer, ha sinora puntato a rafforzare il potere contrattuale del rispettivo Paese nei confronti della controparte. Ora, la palla passa nelle mani dei leader, ovvero di coloro che sono chiamati a incardinare la risoluzione della disputa commerciale nel contesto delle numerose rivalità (strategiche, diplomatiche, militari) che dividono Stati Uniti e Cina.

Ciò può essere un’opportunità proficua, ma anche un rischio: Trump e Xi Jinping potrebbero concordare su una linea di massima, ma poi l’obiettivo principale diverrebbe far sì che un accordo venga digerito dalle agenzie politiche destinate ad implementarlo, comprese quelle che, in entrambi i Paesi, vedono nella guerra commerciale la soluzione più diretta per sfidare la controparte. Al contrario, se Donald Trump e Xi Jinping non riuscissero a concordare nemmeno sulla bozza dell’accordo, ogni spazio per ulteriori negoziati rischierebbe di precludersi per lungo tempo. E tensioni come quelle recenti sulle terre rare, elementi che sono una componente fondamentale per l’export cinese negli Usa, utilizzate a profusione dall’industria della Difesa statunitense, dimostrano come l’ultimo fatto auspicabile sia un congelamento totale delle relazioni sino-americane. Ma per ora, il dato principale resta quello legato alla fiducia. E le borse sembrano cavalcare questo stato emozionale. I mercati, sia asiatici che occidentali, tifano per l’accordo commerciale Trump-Xi.

E con il loro comportamento provano a offrire una sponda per la sua realizzazione.

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