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Trump alla guerra del confine "I soldati Usa pronti a sparare"

Il presidente cavalca la linea dura sui migranti: «Porte aperte ingiuste per chi vive qui rispettando la legge»

Trump alla guerra del confine "I soldati Usa pronti a sparare"

New York Senza tregua contro l'immigrazione clandestina: Donald Trump ormai non conosce altro tema per cavalcare la volata finale in vista del voto di Midterm. Anche se avrebbe altri assi nella manica in vista delle elezioni a partire dall'economia, che torna a far esultare il tycoon con i dati sul mercato del lavoro, che in ottobre ha creato 250mila nuovi impieghi, ben al di sopra delle attese (pari a 190mila), e la disoccupazione stabile al 3,7%. Ma il presidente degli Stati Uniti sceglie di battere sul tasto della carovana in marcia dal Centro America verso il confine meridionale degli Usa con una escalation di numeri e toni in merito alla mobilitazione delle forze armate, e dei poteri che saranno loro conferiti pur di fermare quella che considera «un'invasione».

Parlando in diretta tv dalla Casa Bianca in un intervallo del tour de force di comizi in giro per il paese, il tycoon arriva addirittura a ipotizzare la possibilità che i soldati al confine sparino contro i migranti che tirano sassi. «Spero di no, ma sono soldati e nessuno deve tirare rocce o pietre contro di loro, oppure potrebbero considerare di usare le armi da fuoco», spiega. Poi preannuncia la stretta sul diritto di asilo, secondo cui potrà presentare domanda solo chi si presenta a uno dei punti di ingresso dedicati, e non se entra illegalmente. «I migranti che stanno arrivando con la carovana non sono legittimati a chiedere asilo», tuona. «Chi entrerà violando le leggi Usa non sarà più in grado di fare ricorso per guadagnare un ingresso automatico nel Paese».

Per i detrattori le sue parole servono solo ad alimentare paure e divisioni, polarizzando ancora di più il rush finale delle elezioni di metà mandato. Ma lui, durante un comizio in Missouri, ribatte: «I democratici vogliono confini aperti, noi non lo permetteremo». Nella questione clandestini interviene anche il numero uno della Fed, Jerome Powell, che in una risposta scritta a un senatore democratico sottolinea come fermare o ridurre il flusso di migranti nel tempo può danneggiare l'economia americana, rallentandone la crescita. Meno lavoratori stranieri possono inibire la crescita del mercato del lavoro, afferma Powell: una visione decisamente diversa da quella dell'America First di Trump. Pur se gli attacchi del Commander in Chief non sono rivolti a chi entra legalmente negli Stati Uniti, ma agli illegali. «L'immigrazione incontrollata è ingiusta verso gli immigrati rispettosi della legge che vivono qui, che hanno seguito le regole e hanno aspettato il loro turno, alcuni molto a lungo», dice. «Abbiamo bisogno di lavoratori, perché abbiamo aziende che stanno arrivando nel nostro paese - continua - Ma devono entrare in base al merito, legalmente». Al contrario, assicura che non permetterà che «la nostra generosità venga abusata da coloro che vogliono arrivare clandestinamente».

Intanto, un gruppo di migranti fa causa a Trump e ad alcuni membri della sua amministrazione (tra cui il ministro della Giustizia Jeff Sessions) per violazione dei diritti costituzionali. In particolare si tratta di sei cittadini dell'Honduras, i quali sostengono che negando loro l'ingresso il presidente non rispetta il Quinto emendamento, quello che garantisce un giusto processo nei casi di deportazione.

E secondo la class action, depositata in un tribunale federale di Washington a nome dei migranti e dei loro figli, The Donald non può usare l'esercito per impedire di entrare a chi cerca asilo politico.

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