Cronache

Giustizia senza tempo: nazista processato dal tribunale dei minori

Dal '42 al '44 fu guardia nel lager di Stutthof A 94 anni alla sbarra per complicità nei crimini

Giustizia senza tempo: nazista processato dal tribunale dei minori

Il suo cognome è in alcuni lanci di agenzia pudicamente amputato alla sola iniziale, ma le sue foto di oggi e di allora circolano liberamente sui giornali e sui siti. E se uno cerca bene scopre anche il cognome: Rehbogen. È costretto in carrozzella ma l'ostinazione della giustizia non guarda alla carta d'identità e alla cartella clinica. Va avanti, lenta, fatale, spietata. Giusta o no, non sta a noi dirlo.

Sul taccuino della giustizia era del resto rimasto quel nome: Johann R. Guardia delle SS nel campo di concentramento di Stutthof, che attualmente si trova nella Polonia settentrionale, dal giugno 1942 al settembre 1944. Quando aveva quindi nemmeno ventuno anni. Un operaio specializzato dell'orrore, forse addirittura uno stagista. E infatti, ciliegina sulla torta preparata da quella pasticciera piena di ironia che è la storia, il suo processo viene oggi celebrato davanti al Tribunale dei Minori di Münster, in Germania.

Johann è accusato di complicità nelle uccisioni di massa compiute nel campo di concentramento in cui lavorava. Quelle documentate riguardano l'eccidio compiuto tra il 21 e il 22 giugno del 1944, quando a Stutthof vennero trattati con il Zyklon B oltre cento prigionieri polacchi. Ma probabilmente nella contabilità dell'orrore ci sono anche centinaia di ebrei, uccisi a Stutthof negli ultimi mesi del 1944, quando l'incipiente fine del nazismo indusse i gerarchi ad accelerare i terribili saldi della morte. Il campo di Stutthof era inizialmente un semplice campo di prigionia e venne riconvertito a campo di concentramento nel 1942. Le camere a gas furono utilizzate a partire dai primi mesi del 1944. Si calcola che a Stutthof morirono oltre 65mila persone, prima che il campo venisse liberato dall'Armata Rossa il 9 maggio del 1945.

Johann venne catturato dall'esercito americano quando il campo fu sgomberato. A quel tempo lui era una scheggia invisibile nella grande affresco del Novecento, una comparsa, di più: un figurante. Tornò senza che qualcuno si interessasse di lui alla vita civile, si laureò in Architettura e poi trovò un impiego negli uffici tecnici della regione del Nord Reno Westfalia. Un uomo come tanti.

Ora questo omino ha novantaquattro anni e nega ogni coinvolgimento in quello che accadde in quell'estate di fine guerra in quel luogo rivoltante. Al processo, alle cui udienze assiste con il contagocce (due ore per seduta), si guarda in giro smarrito. Ogni tanto qualche fotografo riesce a catturare il suo volto, poi qualcuno pubblica la foto mettendo i pixel sul suo volto e qualcuno no. Rischia una condanna fino a quindici anni di carcere, ma se dovesse arrivare difficilmente finirà dietro le sbarre.

A rendere noto il nome di Rehbogen è stato il Wiesenthal Center, che da decenni investiga sui crimini commessi dai nazisti. «Se uno guarda a quanto male è stato fatto e quanti crimini sono stati perseguiti, può comprendere perché anche le persone molto vecchie devono rispondere dei loro fatti - spiega il procuratore Andreas Brendel -. La Germania deve ciò alle famiglie e alle vittime. È una questione legale ma anche morale».

E i familiari di alcune delle vittime del campo di concentramento di Stutthof non perdono un'udienza di un processo che per qualcuno è una mano inevitabile della partita della giustizia e per qualcun altro un gioco insensato.

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