Cronache

Padova: il mercato della frutta si spopola sempre più, rimangono solo i bengalesi

Il mercato della storica Piazza delle Erbe a Padova è da anni in mano a bengalesi e cingalesi. E dagli 80 posteggi, ora sono 52. "La gente non compra più".

Padova: il mercato della frutta si spopola sempre più, rimangono solo i bengalesi

Il mercato della frutta e verdura a Padova è in mano ai bengalesi. Piazza delle Erbe, Padova, pieno centro storico. Proprio dietro a Palazzo Moroni, sede del palazzo comunale, a pochi metri dallo storico Caffè Pedrocchi, uno dei simboli della Città del Santo, riconosciuto come la sede più esclusiva del centro città. Una piazza, quelle delle Erbe, che già in età imperiale era sede di scambi commerciali. Una piazza dove le signore ancora siedono nei cafè, sorseggiando il tè e dove gli uomini con il paltò passeggiano con il giornale in mano. Ma una piazza che da qualche anno è traffico di bengalesi, cingalesi, pachistani che vendono zucchine, carciofi, finocchi, mele, pere, mandarini. Insomma ogni tipo di frutta e a verdura. E nemmeno a seconda della stagione.

Un mercato quello dei bengalesi e dei cingalesi partito anni fa, quando gli italiani decisero di affittare banchi e furgoncini agli stranieri. Una storia cominciata ancora nel 2011 quando su 76 licenze, 34 erano in mano a stranieri. Già qui incalzava la protesta degli italiani per l’abbassamento della qualità della frutta. “E’ roba scadente – ci dice un commerciante italiano che registriamo ma che non vuole comparire – faccio questo lavoro da trent’anni, saprò se la roba è scadente o meno. Ma la gente che viene da me, non va da loro. Tutta roba marcia”.

E diciamo che a fare un giro per il mercato, sembra che la cura non sia di più di casa: la frutta viene data senza guanti, le cassettine giacciono a terra, il bengalese di turno ci fuma sopra, le mele cadono sull’asfalto ma il fruttivendolo se ne frega e le rimette nel sacchetto e i piccioni si posano sopra le cassettine di frutta che poi qualche bengalese vende a prezzi stracciati.

“Se io vendo una cosa per tre euro – ci dice un commerciante – e loro a un euro, può essere uguale? La gente compra da loro, perché risparmia”. E infatti molti, italiani e non, uomini facoltosi o meno, si fermano a comprare in questi banchi. Tutti venditori regolari ci mancherebbe, con tanto di scontrino fiscale e partita iva. “Pago 200 euro al mese a signore italiano”, ci dice un bengalese che da qualche anno qui vende pere e mele.

Nel 2015 gli asiatici avevano in mano il 50% delle 70 licenze riconosciute dal Comune nella storica piazza. Ora i banchi sono una cinquantina. Dati aggiornati al 2 luglio scorso, ci dicono che sono 52 posteggi, e il mercato è attivo da lunedì a venerdì dalle 7.30 alle 13.30 e il sabato dalle 7.30 alle 20. Niente a che vedere con gli oltre 80 banchetti dei periodi quando ancora si poteva comprare e vedevi le famiglie spensierate passeggiare.

Ora di questi 52 banchi, 24 sono stati trasferiti in Prato della Valle e basta farsi un giro per vedere come la maggioranza di venditori sia straniera. “Sono anni che gli italiani hanno venduto o affittato a cingalesi e bengalesi – ci dice un anziano che vive Padova da quando è nato – si sono venduti tutto: furgone, banchetto, tutto in mano agli stranieri. Ora, rispetto a quando sono arrivati, la qualità della frutta si è un po’ alzata, ma prima era un disastro, la frutta non era buona, era segnata, alcuni frutti erano guasti. Ora sono migliorati, ma io ho il mio fruttivendolo di fiducia. Alcuni italiani comprano da loro, però, perché dicono costi meno”. Anche se in realtà non ci pare. Due pere da un bengalese: 1 euro e 95 centesimi.

Al biologico, due pere: 1 euro e 46.

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