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"C'è l'accordo sulla Brexit". May ricatta i ministri per il sì

Colloqui notturni individuali della premier: via libera o fuori. Oggi riunione d'emergenza. Johnson: votiamo no

"C'è l'accordo sulla Brexit". May ricatta i ministri per il sì

Ora o mai più. Dopo mesi di estenuanti trattative, con il rischio flop a incombere sui negoziati, Theresa May convoca per oggi pomeriggio - le 3 ora italiana - una riunione di Gabinetto d'emergenza, in tasca la bozza tecnica di accordo concordata con l'Unione Europea, non ancora formalizzata ma evidentemente considerata dalla premier adeguata per passare al vaglio dell'esecutivo. L'intesa sulla Brexit sarebbe a un passo. La sterlina tocca i massimi da aprile scorso, segno che l'eventualità di un'uscita del Regno Unito dalla Ue senza accordo con Bruxelles è considerata dai mercati un'opzione a perdere. Ma la notte è lunga e rischia di trasformarsi in un redde rationem al coltello. La leader di governo, che su questa partita si gioca tutta la propria credibilità, il futuro politico e quello del Paese, ha passato le ore che precedono la riunione cruciale di oggi faccia a faccia con i singoli ministri, a cui ha messo a disposizione la documentazione per le dovute valutazioni. Incontri a tu-per-tu nei quali la premier ha messo i suoi di fronte all'aut aut: sì all'intesa o via dal governo. Convocati anche i big dell'economia, tra cui la Cbi, la Confindustria inglese.

Nodo cruciale: l'annosa questione dell'Irlanda del Nord, che in caso di accordo pretende parità di trattamento rispetto al Regno Unito, di cui fa parte, mentre dall'altra parte dell'isola la Repubblica d'Irlanda vuole evitare a tutti i costi il ripristino di controlli al confine, nel timore di un rigurgito di violenze come ai tempi dei Troubles.

Le anticipazioni parlano di un'intesa sul backstop, soluzione che eviterebbe il ripristino dei confini fisici fra le due Irlande grazie a un accordo doganale che riguarderebbe l'intero Regno Unito, con disposizioni «più impegnative» per l'Irlanda del Nord a livello doganale e normativo. Soft Brexit. Ma su questo punto si è già scatenata la rivolta del Dup, il partito nord-irlandese che tiene in piedi il governo di minoranza di Theresa May grazie all'appoggio esterno, basato su intese caso per caso. «Se le indiscrezioni saranno confermate, non potremo dare il via libera all'accordo». Idem per i più accaniti pro-Brexit, convinti che l'uscita debba essere piena, con il Regno Unito del tutto fuori dall'unione doganale. Tra loro Boris Johnson, che ha già promesso di votare No in Aula: «Saremo uno stato vassallo», ripete l'ex ministro degli Esteri. Con lui Jacob Rees-Mogg, presidente dello European Research Group: «La bozza manca l'obiettivo Brexit. Spero che il governo la blocchi o che sia il Parlamento a farlo». La prova che la strada è piena di insidie per Theresa May.

Nelle stesse ore in cui il Gabinetto si riunisce a Londra, gli ambasciatori dei 27 Paesi Ue si troveranno a Bruxelles, ufficialmente per discutere dell'eventualità di una Brexit senza intesa (no-deal), con molta probabilità per confrontarsi sugli sviluppi.

Se la bozza venisse approvata dai ministri inglesi, si arriverebbe al fatidico vertice straordinario europeo del 24 e 25 novembre, scadenza finale, l'unica che consentirebbe a Lady May il passaggio parlamentare necessario prima di Natale e precedente alla data fissata per l'uscita, il 29 marzo 2019. Proprio per questo, anche in caso di intesa nel governo, per la premier non sarebbe ancora finita. Per spuntarla, May potrebbe aver bisogno dei voti dell'ala pro-Brexit del Labour. Il leader laburista Jeremy Corbyn si riserva di esaminare i «dettagli» dell'intesa e annuncia che se non garantirà «il sostegno al lavoro e all'economia», «standard e protezioni», i laburisti «voteranno contro». «È improbabile che sia un buon accordo».

L'opposizione ha appena sconfitto il governo in Aula, imponendo la pubblicazione del parere legale tecnico sul trattato di uscita prima del voto parlamentare.

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